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 2015  ottobre 17 Sabato calendario

Nino Frassica è balbuziente, ma quando sta con gli altri si vergogna e parla normale

Dice Nino Frassica e lo dice senza sorridere: «Se non mi fanno fare più i film, pazienza! Se non mi vogliono più a teatro, pazienza! Se finisce Don Matteo, pazienza! Ma se non posso più fare la radio la pazienza la perdo: è la radio la cosa più importante». E spiega che se per la gente la radio viene all’ultimo posto nella scala della popolarità, per lui sta al primo perché è con la radio che ha cominciato ed è la radio che non ha mai smesso di frequentare. «Il più bel complimento me lo fece Manfredi. Lo incontrai per strada. Ero emozionatissimo: Manfredi! Per me era un mito. Volle fermarmi e mi fece i complimenti. È per Indietro tutta?, chiesi, visto che di quel programma di Arbore ero protagonista nelle vesti del Bravo Presentatore. “No, l’ho sentita alla radio e mi è piaciuto”, fu la risposta. Ebbi un attimo di felicità».
Oggi Frassica gioisce anche per la sua partecipazione, ogni sabato, a Che fuori tempo che fa su Raitre dove è diventato il controcanto comico della serata. Alla radio invece è tornato tutti i fine settimana con Programmone, in onda si RaiRadio2 dalle 13,45 alle 14,30. Assurdità, giochi di parole, racconti surreali, creature fantasiose, paesaggi inverosimili, in quel suo linguaggio personalissimo che fa pensare al futurismo, a Marinetti, a Palazzeschi, alle canzoncine di Alberto Sordi prima maniera, a Petrolini. Lui, però, cita Beckett e il teatro dell’assurdo.
Seduto al bar sotto casa sua a Prati, Nino Frassica cerca di spiegare le ragioni del suo successo. Serissimo, come tutti i comici quando non devono esibirsi. Nemmeno una battuta. Del resto lo ha dichiarato lui stesso: «Io nella vita sono balbuziente, però quando c’è gente mi vergogno e allora parlo normale». Nel bar non c’è gente.
Quando le è venuto in mente di diventare un comico?
«A scuola, a Messina. Facevo ridere e volevo divertirmi. Ho pensato: mi metto a recitare. Ma rifare ogni sera lo stesso testo non mi andava: Amleto è Amleto, che ti inventi? Mi sono, quindi, buttato sul varietà e su piccole ignote radio libere».
Poi, però, è arrivato ad Arbore.
«Gli mandai una mia registrazione. Volle conoscermi. Lo convinsi».
Come le vengono le sue trovate che poi diventano dei modi di dire? Non è bello ciò che è bello, ma che bello, che bello, che bello, lo ripetono tutti.
«Mi piace rovinare le parole, storpiare la logica, spiazzare l’interlocutore, rovesciare il gioco. Se mi viene una trovata la scrivo: su un pezzo di carta, sul cellulare e mi mando il messaggio, sul computer a casa. E poi la uso. Non mi interessa nè la satira politica nè le imitazioni. Non sono un virtuosista come Crozza e Proietti: sono Frassica e basta. I bravi sono tanti: io sono originale».
Più facile fare la tv o la radio?
«Per me la radio. La tv ormai ha tempi strettissimi. Devi fare tutto in tre minuti. Walter Chiari tirava avanti una scenetta anche per 15 minuti: oggi non sarebbe stato a sentirlo nessuno».
E recitare come è?
«Recitare in Don Matteo è diverso perché siamo un triangolo: il prete, il maresciallo, il capitano più le indagini sulla vita privata di questo e di quello che sono una miniera infinita. Uno schema forte. Dicono che è ispirato a Padre Brown. Falso. Non somiglia a nessuno».
Il successo l’ha cambiata?
«Non credo. Non ho l’ansia del guadagno facile. Sto bene come sto».
Allora perché fa la pubblicità?
«Può essere divertente anche uno spot. Nella mia campagna contro il fumo dimostro che chi fuma è uno scemo. E questo mi sta bene».
Di chi è più amico tra i tanti con cui ha lavorato?
«Di Maurizio Ferrini, quello del pedalò, del muro sotto Rimini, del comunismo duro e puro. Peccato non abbia avuto la fortuna che meritava».