la Repubblica, 17 ottobre 2015
Ecco quello che succede ai romanzi quando cascano nella fornace di Internet
Nel mondo dell’editoria digitale non esiste una parola che indichi la capacità di progettare libri “arricchiti”, “enanched”, o in qualche modo interattivi. Qualche anno fa, chi scrive, propose di chiamarla “digitoria” (un mix tra digitale ed editoriale), convinto che per scrivere buone storie che si leggano in modo innovativo su smartphone e tablet servano, per prima cosa, scrittori disposti a cambiare il loro modo di lavorare. Da pochi giorni sono disponibili su Apple Store le versioni “enanched” della saga di Harry Potter (a 9,99 euro): ci sono nuove copertine e una font dedicata per i capolettera dei capitoli; le annotazioni dell’autrice e una serie di illustrazioni animate inserite con grande coerenza all’interno del testo. Niente che distragga dalla lettura, ma che, come nelle immagini tradizionali, consenta alcune pause curiose. Si tratta di un approccio estremamente conservativo, che può essere interessante sia per i collezionisti, sia per eventuali nuovi lettori. Forse un peccato che, data l’occasione, non vi sia alcuna forma di innovazione, anche perché codici di lettura capaci di renderla nuova, semplice e popolare, non solo sono ormai possibili, ma sono anche estremamente godibili. Lo fa lo scrittore Iain Pears, nella sua App Arcadia, pensata in sinergia con l’editore Faber&Faber e dalla software house di TouchPress (la stessa che ha già dato vita a una bellissima versione digitoriale di Wasteland di T.S. Eliot): il suo è un racconto di spionaggio in cui il lettore deve per prima cosa scegliere il punto di vista di uno dei suoi dieci personaggi. Si può leggere sia in cartaceo (senza la possibilità di sceglierne la struttura), sia in questa versione tremendamente efficace, e che funziona solo su tablet. Si spingono ancora più a fondo gli autori di Device 6 ( Simogo), un thriller di cui il lettore è l’unico testimone: già dal primo capitolo viene presentato il mistero di Anna, che non ricorda più nulla della propria vita, con pagine di parole cancellate, poi inquietanti foto in bianco e nero. E infine il testo inizia a diramarsi, si attorciglia, si arrampica lungo i bordi dello schermo costringendoci a ruotare il dispositivo come se fossimo dentro a un labirinto di parole. In questo caso la narrazione procede a blocchi, e ogni capitolo deve essere in qualche modo “risolto” per poter proseguire. In 80 Days della Inkle, invece, si può rileggere il famosissimo libro di Jules Verne decidendone tappe, mezzi di trasporto e spese. In questa App le regole del gioco e la fiction narrativa dialogano perfettamente tra loro grazie a un’interfaccia molto semplice e una scrittura limpida. Tornare a Londra in 80 giorni è solo un’opzione, dato che ci si può attardare, lettura dopo lettura, in diverse avventure alternative e varie esplorazioni, non previste dal romanzo originale. Ci sono poi giovani editori finanziati dal basso, come la Choice of Game, che stanno riproponendo con successo un mix tra i libri game e le avventure testuali degli anni 80, offrendo libri a scelte multiple molto sofisticati e ben scritti (l’ultimo è Ratings War, di Eddy Webb). Altri editori, più tradizionali, vedono invece l’arricchimento del testo come i contenuti extra in coda ai dvd. È il caso di Penguin, che correda i suoi Classics Enriched Books con informazioni, mappe, note e apparati iconografici. Un po’ quello che accade, in modo quasi mai sorprendente ma elegante, con il nuovo Harry Potter. Se vi piacciono i backstage, quindi, questa nuova edizione fa per voi. Ma se state cercando qualcosa di completamente diverso, scaricate Papers, Please. È un videogioco sull’immigrazione, ma è anche una delle migliori storie interattive apparse negli ultimi anni.