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 2015  ottobre 17 Sabato calendario

Le vite del Vasari in tedesco. Un’avventura editoriale durata cinquant’anni

«Avevo ventun anni, studiavo storia dell’arte italiana all’Università di Francoforte (avevo scartato la letteratura tedesca, che all’epoca era una facoltà ancora piena di nazisti), stavo programmando il mio primo viaggio in Italia, in bicicletta, quando mi chiamò il professor Harald Keller. Sapeva che volevo andare in Italia, per questo mi chiese di andare a Pistoia a fotografare per lui una figura del pulpito di Giovanni Pisano nella chiesa di Sant’Andrea: una figura scolpita intorno al 1300, ma che già anticipava la fisicità della scultura rinascimentale. Avevo bisogno di portare con me le Vite del Vasari, ma la vecchia edizione era troppo ingombrante per uno che viaggiava in bicicletta. Fu allora, probabilmente, nel 1951, che pensai la prima volta a un’edizione tascabile, maneggevole, dell’opera vasariana». Nell’introduzione al supplemento che accompagna i 45 volumi delle Vite di Giorgio Vasari, l’editore Klaus Wagenbach racconta le origini del suo progetto. Da anni ha una casa a Cortona, e da sempre segue e fa tradurre libri italiani.
Quel sogno ora si è realizzato con il completamento dell’opera: 8800 pagine, 1750 illustrazioni prevalentemente a colori, 45 volumi in formato tascabile con un prezzo accessibile per studenti e viaggiatori (si va dai 10,90 ai 24,90 euro della Vita di Michelangelo, il volume più corposo). Curato da Alessandro Nova, professore emerito della Goethe-Universität di Francoforte e ora direttore del Kunsthistorisches Institut di Firenze, questo progetto monumentale – ci dice Susanne Schüssler, direttore editoriale e moglie di Klaus Wagenbach – ha impegnato la casa editrice per undici anni. «Quando uscirono i primi volumi, ci fu un coro di elogi, ma prevaleva lo scetticismo: tanto non ce la farete mai ad arrivare in fondo. Invece ce l’abbiamo fatta, è stato un grandissimo lavoro, ma anche bellissimo: l’équipe di traduttori coordinata da Vittoria Lorini ha proceduto con grande entusiasmo. Alla fine, quando a Berlino abbiamo fatto la presentazione all’Ambasciata italiana, con i 29 collaboratori e tutti i redattori della casa editrice, eravamo felici ma anche tristi, perché quella bella avventura era finita».
Un primo tentativo di Wagenbach risale al 1986: in quell’anno Einaudi aveva pubblicato l’edizione critica in un solo volume delle Vite. Wagenbach chiese i diritti a Einaudi, ma la cosa non andò a buon fine, anche perché il testo era quello dell’edizione del 1550, ancora pieno di lacune ed errori. Era da preferire la classica edizione riveduta dallo stesso Vasari e stampata nel 1568. Ma come fare? C’era il problema dei finanziamenti, essenziale per una piccola casa editrice indipendente: all’inizio, nessuno tra istituti universitari e centri di studi volle assumersi l’impegno. «Poi, un giorno – ricorda Susanne Schüssler – arrivò una lettera di Alessandro Nova, che insegnava Storia dell’arte all’università di Francoforte. Proponeva una nuova traduzione – la precedente tedesca della prima metà dell’Ottocento non era più utilizzabile – con un gruppo di suoi studenti. Klaus a sua volta propose il formato tascabile, chiese commenti a ogni singola vita di artista aggiornati sulle più recenti ricerche di storia dell’arte, e volle pure un indice delle opere di ogni artista con l’indicazione del luogo dove adesso si trovavano. Tutte le condizioni furono accettate, l’équipe si mise al lavoro e ora ecco l’opera completa, qualcosa che non ha uguali in nessun altro Paese. Per cui ringraziamo il ministero degli Esteri italiano che, un volume dopo l’altro, ci ha sempre dato il suo sostegno».
Testo fondatore della moderna storia dell’arte, le Vite del Vasari sono anche un meraviglioso racconto, ricco di aneddoti divertenti e scanzonati. Vasari non nascondeva simpatie e antipatie. Come nel caso del Sodoma, il pittore attivo a Siena che Vasari non apprezzava affatto. Lo descrive – racconta Wagenbach nella sua introduzione – come un artista senza serietà, «un farfallone che spendeva il suo tempo in compagnia di donne e di ragazzi», che collezionava animali come corvi parlanti, asini nani, scimmie, tassi, scoiattoli «tanto che la sua casa somigliava all’Arca di Noè». Citava, Vasari, l’affresco di Monte Oliveto nel convento di Asciano vicino Siena: dovrebbe illustrare un miracolo di San Benedetto, in realtà il santo e il suo miracolo fanno da sfondo al suo autoritratto. E il pittore, al centro della scena, tutto agghindato, con due tassi al guinzaglio, guarda con aria un po’ snob gli eventuali visitatori.