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 2015  ottobre 17 Sabato calendario

Mistero in Val Trompia. Dalla fabbrica di Marcheno, dopo il padrone, è sparito anche l’operaio

DAL NOSTRO INVIATO
MARCHENO (Brescia) Una vallata di castagni e paesini, una fonderia che produce lingotti di ottone, il proprietario che scompare nel nulla (leggi qui) e, otto giorni dopo, un’altra sparizione, quella di un suo operaio di cinquant’anni. Considerato che succede tutto a Marcheno, nella media Valtrompia, che gli abitanti qui sono pochi, silenziosi e quieti, chiaro che i due fatti vengono inevitabilmente legati. Stessa fabbrica, stesso mistero. «Certo, la situazione è singolare e molto strana ma al momento non ci sono altri elementi seri che ci portino a considerare la seconda vicenda correlata alla prima», sintetizza con prudenza l’inquirente.
Per la verità, qualcosa in più c’è. Nel senso che l’operaio in questione, Giuseppe Ghirardini, la sera dell’8 ottobre, quando il suo titolare Mario Bozzoli non fece più ritorno a casa, era al lavoro in fabbrica ed era uno dei tre dipendenti presenti a quell’ora. Lui è l’addetto ai forni, dove il metallo brucia a novecento gradi, dove l’unica cosa che rimane in vita è la pista investigativa più orribile: l’industriale gettato nel fuoco. «Sia chiaro che si tratta di una delle tante ipotesi, che viene presa in considerazione per un semplice motivo: nessuno ha visto uscire Bozzoli dall’azienda». C’è una telefonata alla moglie delle 19.15: «Mi cambio e arrivo». C’è lo stesso Ghirardini che prima di sparire ha ricordato agli uomini del colonnello Giuseppe Spina l’ultimo saluto: «Bozzoli ha detto ciao ragazzi ed è andato via». Poi, però, più nulla. Nessuna parola, nessun incontro, nessuna telecamera che inquadri l’uscita dai cancelli della fonderia. Telecamera che invece ha registrato l’andirivieni della macchina del nipote dell’industriale, che lì dentro lavora in quanto il padre Adelio, fratello di Mario, ha il 50% della società.
Ora che anche Ghirardini è sparito l’attenzione si è però spostata sulle sue dichiarazioni, sui suoi movimenti, su quei forni. «Sequestro di persona», è l’accusa ipotizzata contro ignoti dalla procura di Brescia dopo la prima scomparsa. Ma si tratta di un’imputazione più tecnica che sostanziale perché più di qualcuno pensa all’omicidio.
Cosa sta succedendo, dunque, nella tranquilla vallata bresciana? Degli spostamenti dell’operaio, che vive da solo in una casetta adiacente a quella dei parenti, separato da una brasiliana tornata da tempo al suo paese con il loro figlio, si conoscono alcuni dettagli. Mercoledì mattina, intorno alle 9, ha salutato la sorella maggiore Ernestina e se n’è andato con la sua macchina, una Suzuki Vitara, verso la montagna. Nulla di anomalo. Appassionato di caccia alla lepre, buon figlio d’arte di quel Faustino che nella valle molti ricordano come un’imbattibile doppietta nonché presidente della Federcaccia locale, Ghirardini amava andare sul Marmentino, nell’Alta Valtrompia. E mercoledì era atteso da amici a una battuta di caccia, visto che l’azienda era stata sequestrata il giorno prima. Ma i compagni della «lepre bianca» non l’hanno visto. Lui ha peraltro lasciato a casa sia il fucile sia i suoi quattro segugi. Da quel ciao alla sorella, silenzio assoluto. «Mi sono preoccupata la sera perché quando lui non rientra a casa chiama per ricordarci di dare da mangiare ai cani». Ghirardini non ha più chiamato. Una traccia involontaria l’ha però lasciata: il suo cellulare (i carabinieri l’avevano cercato per risentirlo) alle 14 ha agganciato una cella di alta montagna, Passo Crocedomini, sulla via della Svizzera. La macchina è stata trovata 80 chilometri più a Est fra Ponte di Legno e il Passo del Tonale vicino a un bosco. Gli inquirenti si fanno molte domande. Dov’è andato l’addetto ai forni? Doveva incontrare qualcuno? Ha qualcosa da nascondere? C’è dietro un gesto inconsulto? È un testimone scomodo? I misteri della Valtrompia si fanno fitti.