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 2015  ottobre 17 Sabato calendario

Il metodo Renzi di far studiare le questioni a più di un tecnico e poi di decidere di testa sua. A seconda della strada intrapresa, si capisce chi nello staff è in stato di grazia e chi in stato di disgrazia. Nel caso della manovra si vede salire Tommaso Nannicini, e scendere Roberto Perotti

ROMA Alla fine bisognava decidere se togliere le tasse sulla prima casa o finanziare la flessibilità in uscita sulle pensioni. Oppure se tagliare agevolazioni fiscali che avrebbero colpito settori importanti come l’edilizia e l’autotrasporto solo per dire che si era centrato l’obiettivo dei 10 miliardi di spending review. E alla fine ha deciso Renzi, come sempre. Facendo contenti alcuni dei suoi consiglieri e scontentandone altri. È il metodo del premier. Che fa lavorare molti esperti, anche in concorrenza tra loro, e poi con le sue scelte politiche determina di fatto chi sale e chi scende. Quest’anno, sicuramente, è salito Tommaso Nannicini, economista della Bocconi, che qualche mese fa sembrava in procinto di lasciare lo staff e che invece si è intestato le parti più innovative della manovra, a partire da quel «Jobs act per il lavoro autonomo» per il quale è stato lodato dallo stesso Renzi in conferenza stampa. È sceso invece Roberto Perotti, altro bocconiano, che aveva preparato un menù di tagli delle cosiddette tax expenditures che ha fatto sgranare gli occhi al premier.
Quando Renzi in sala stampa ha spiegato di aver rinunciato a tagliare queste agevolazioni, nonostante potesse incassare per questa via 4 miliardi, è perché, spiegano in ambienti di governo, dentro il menù sottoposto alla sua attenzione c’erano anche proposte magari tecnicamente argomentate, ma politicamente insostenibili. Qualche esempio: a un certo punto fra le ipotesi era circolata anche quella di togliere le detrazioni sulle spese sanitarie e sulla colf per i redditi sopra i 70-75mila euro. Misura che in qualche modo avrebbe anticipato lo spettro di una ridefinizione del perimetro del welfare. E che avrebbe incentivato il nero, eliminando appunto quel minimo di contrasto d’interessi che c’è (la detraibilità del 19%). Oppure: il ritorno del bonus sulle ristrutturazioni dal 50 al 36% e la riduzione dell’ecobonus del 65%. Non è questo il momento, secondo Renzi, visto che l’edilizia è stata la più colpita dalla crisi con 650mila posti di lavoro persi in sei anni. Considerazioni analoghe per un altra agevolazione, quella sul gasolio per autotrasporto. Andrà rivista certo, ma non ora, pensa il premier. Così come la giungla degli sgravi nella cultura, troppo sbilanciati sul cinema. Oppure alcune agevolazioni controverse, come quella per le pompe funebri che non pagano l’Iva. Tutto rinviato. Perotti ci è rimasto male. Come su un altro fronte, quello delle pensioni, è deluso il presidente dell’Inps, Tito Boeri. Ma almeno lui ha incassato la promessa del premier che la flessibilità in uscita si farà nei prossimi mesi. Vedremo.