17 ottobre 2015
Non è il San Giuseppe del presepe, è il Giuseppe della Bibbia che divenne potente presso il Faraone
Luigi Accattoli sul Corriere della Sera
La Tomba di Giuseppe è un luogo sacro a ebrei, cristiani e musulmani: è inconcepibile che dei musulmani credenti la incendino intenzionalmente per avversione alla fede ebraica. Sarebbe come se un cristiano volesse distruggere la «Tomba di Giovanni il Battista», che è nella moschea degli Omayyadi, a Damasco, per fare dispetto ai musulmani che venerano il Battista alla pari dei cristiani: nel 2001 Papa Wojtyla andò a pregare su quella tomba e fu la prima visita di un Papa a una moschea.
Il Giuseppe della tomba incendiata è il Yusuf del Corano, che è lo stesso della Genesi: figlio di Giacobbe, venduto come schiavo dai fratelli, finisce in Egitto, diviene potente alla corte del Faraone e salva dalla carestia il suo popolo d’origine. Nel Corano c’è «La Sura di Giuseppe», la dodicesima, una delle più suggestive, che ne narra l’epopea sulla falsariga del testo biblico, definendola «la più bella delle storie». Nel suo viaggio notturno al «Trono di Allah» Maometto incontra Giuseppe al «terzo Cielo».
Come tutte le tombe dei Patriarchi e dei Profeti che si trovano in varie località del Medio Oriente, quella di Giuseppe è tanto venerata dalle tre fedi abramiche, che cioè si rifanno ad Abramo, quanto incerta dal punto di vista archeologico. La Genesi dice che Giuseppe morì in Egitto e là fu imbalsamato e sepolto. Leggende posteriori raccontano il trasporto delle ossa di Giuseppe nella terra dei Padri, come egli aveva fatto con il corpo di Giacobbe, anch’egli morto in Egitto e la cui tomba è a Hebron, nel luogo denominato «Tombe dei Patriarchi».
Se un musulmano danneggia la tomba di Giuseppe ritenendolo un patriarca dei soli ebrei, vuol dire che non ha letto il Corano.
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Silvia Ronchey sulla Repubblica