La Gazzetta dello Sport, 16 ottobre 2015
«Il bridge non è uno sport. Non richiede attività fisica». Parola del tribunale dello sport inglese
«Il bridge non è uno sport. Non richiede attività fisica, equivale a starsene seduti sul divano di casa a leggere un libro». Sport England, marchio dell’English Sports Council, ente appartenente al dipartimento della cultura britannico, non ha usato mezzi termini nel commentare la richiesta della English Bridge Union, la quale si era rivolta a un tribunale per chiederne invece l’ammissione, allo scopo di ottenere fondi da parte del governo e delle lotterie. Gli appassionati di bridge sudditi di Sua Maestà dovranno però accontentarsi di restare tali e non definirsi sportivi, perché il giudice che si è occupato del caso si è giustamente fermato alla classificazione di sport data dall’attuale normativa di Sport England (il cui ruolo è fornire la principale strategia attraverso avvisi, investimenti e promozioni sullo sport in Inghilterra), che non prescinde appunto dalla presenza dell’attività fisica. Nel respingere la riclassificazione del bridge, si è infatti basato strettamente sulla legge e non sulla questione filosofica, come lui stesso ha spiegato.
Ian Payn, vicepresidente dell’English Bridge Union (che vanta 55.000 iscritti, anche se sono circa 300.000 i giocatori in tutta la nazione), si è detto «molto deluso dalla decisione che colpisce i partecipanti di molti altri sport, non solo del bridge». Disciplina che è stata riconosciuta dal Cio negli anni ’90 e tra i cui appassionati ci sono personaggi di spicco come Warren Buffett, Bill Gates e Martina Navratilova, oltre a membri della banda Blur. Il comitato organizzatore di Tokyo 2020 ha peraltro invitato sia il bridge, sia gli scacchi a presentare la loro candidatura per l’inclusione ai Giochi Olimpici, con una forte spinta dell’Usoc, il comitato a cinque cerchi statunitense. Chissà cosa ne avrebbe pensato Deng Xiaoping. Dopo essersi ritirato dalle più importanti cariche politiche, ma ancora responsabile di tutte le riforme economiche, l’unico titolo che il creatore della Primavera di Pechino conservò fu quello di presidente onorario della China Bridge Association. Altro che diplomazia del ping pong.