Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 16 Venerdì calendario

A Berlino ha appena aperto lo "Spy Museum", sorta di Luna park dello spionaggio. Fra i 300 oggetti esposti anche Enigma, la macchina che consentì agli inglesi di decifrare il codice usato dai nazisti, e una speciale Trabant attrezzata con una telecamera agli infrarossi, usata per scoprire eventuali clandestini nascostisi nelle altre auto per superare il Muro

Quale città più adatta di Berlino per ospitare lo Spy museum, aperto con successo da meno di un mese? Lisbona durante l’ultima guerra, o Istanbul sono state capitali dello spionaggio, ma per un periodo breve. Come la Vienna del Terzo Uomo, il film con Orson Welles, tratto da una sceneggiatura di Graham Greene, ma la metropoli tedesca divisa per quasi mezzo secolo, è stato a lungo il palcoscenico prediletto dagli agenti segreti dell’est e dell’ovest, e anche dei loro colleghi orientali che esportavano in Prussia i conflitti di casa loro.
E lo è ancor oggi, per le spie russe o americane, e per lo spionaggio industriale.
A Berlino c’era già lo Stasi museum, che mostra l’attività della polizia segreta, la Gestapo rossa, nella scomparsa Ddr. Un’esposizione rigidamente storica, limitata alle malefatte del regime comunista. Lo Spy museum sulla Leipziger Platz, invece, confonde volutamente realtà e finzione, da «Topas», l’agente Rainer Rupp, a James Bond. Il nuovo museo, che viene ad aggiungersi ai 180 già esistenti nella capitale, è privato e gli ideatori sono convinti di entrare in breve tra i dieci più frequentati, accanto alla Gemälde Galerie, che ospita i capolavori del Rinascimento italiano, o al museo egizio che vanta un’attrazione come Nefertiti. I calcoli sono di raggiungere i 500 mila visitatori all’anno, nonostante il prezzo decisamente caro, 18 euro, 14 i ridotti. Per le famiglie, i genitori e al massimo tre figli sotto i 16 anni, si offre un ingresso collettivo a 49 euro.
Si punta sui ragazzi, o sugli adulti che si vogliono divertire come adolescenti: lo Spy museum è una sorta di Luna park dello spionaggio, si vede e si partecipa. Un’esposizione interattiva, come spiegano gli ideatori che hanno impiegato una decina d’anni per realizzare il progetto. Sono esposti 300 oggetti, su 3 mila metri quadrati, ma nei magazzini ne sono ospitati almeno 3 mila. Si potrà cambiare di quando in quando per richiamare i fans di 007 e dei compagni di lavoro.
Già all’ingresso il visitatore viene «schedato» da una videocamera e la sua immagine è proiettata ingigantita sulla parete. Ma, niente paura, si avverte, nessuno verrà schedato per sempre. Nelle vetrine si ammirano gli oggetti del mestiere, dalla pistola nascosta in una pipa, usata dagli agenti segreti britannici, o dalla macchina da presa occultata in una teiera inventata dalle spie della Stasi. I visitatori possono cercare di decifrare documenti criptati, o come Tom Cruise in «Missione impossibile» tentare di superare un percorso laser, senza far scattare l’allarme. Su una mappa interattiva si possono individuare gli hot point di Berlino, i luoghi preferiti ieri ed oggi dagli agenti segreti. È esposta Enigma, la macchina che consentì agli inglesi di decifrare il codice usato dai nazisti, e una speciale Trabant, l’utilitaria della Germania Est, attrezzata con una camera agli infrarossi che «scopriva» i clandestini nascosti in altre auto che tentavano di superare il «muro».
Il museo espone la storia dello spionaggio, dagli agenti veneziani al tempo di Casanova, a Mata Hari e a Markus Wolf, il capo del controspionaggio della Ddr, che ispirò la Spia che venne dal freddo a Le Carré. Non perse mai contro gli avversari occidentali perché sosteneva che i suoi agenti lavoravano per passione, per un’ideologia, o per amore, e non per soldi. Ma una sezione importante dello Spy museum è dedicato proprio ai quattrini: come e dove le spie nascondono i loro soldi. Anche gli agenti della Stasi, si è scoperto, dovevano campare e truccavano le note spese, come alcuni nostri politici.