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 2015  ottobre 16 Venerdì calendario

In libreria torna il "Manuel des amphitryons", il manuale di galateo che Grimod de la Reynière scrisse più di due secoli fa. Tallone di Alpignano ripubblica questo capolavoro, in un’edizione stampata a mano su carta di cotone. Noblesse oblige

Dovete invitare a pranzo la Regina Elisabetta con il Principe Filippo e non sapete bene come assegnare i posti a tavola? Oppure state per ricevere a cena gli ultimi eredi della famiglia Borbone e vi mancano alcune indicazioni fondamentali sull’accoglienza da riservare agli illustri ospiti? Niente panico: potete finalmente procurarvi il libro che risponde a tutte le vostre esigenze. No, non il solito Galateo di Monsignor della Casa, e neppure quei manualetti usa e getta di autori contemporanei che ogni tanto si mettono in testa di ricordarci le regole della buona educazione; stiamo invece parlando di un classico, il Manuel des amphitryons, scritto nel 1808 da un signore che certamente se ne intendeva, il nobilissimo Alexandre Balthazar Laurent Grimod de la Reynière, appena ripubblicato in Italia dal mitico editore Tallone di Alpignano, alle porte di Torino, dove stampa i suoi raffinati libri a mano come si faceva ai tempi di Gutenberg.
L’occasione è buona per fare la conoscenza con un autore veramente molto bizzarro. Grimod de la Reynière – che ci perdonerà se d’ora in poi, per brevità, ci limiteremo a chiamarlo Grimod, manco fosse un borghese qualsiasi – è infatti uno di quei personaggi stravaganti che hanno riempito le cronache dei secoli passati, antenati dei rampolli delle dinastie industriali che oggi popolano le pagine mondane di settimanali e siti scandalistici. Nato a metà Settecento da una famiglia aristocratica assai conservatrice, Grimod è fin dall’inizio uno scavezzacollo; in questa veste, manifesta da subito pericolose tendenze eccentriche e sovversive, dando alle stampe un pamphlet ferocemente antinobiliare. La pubblicazione gli vale un diffuso ostracismo da parte della sua classe sociale, ma gli consente di salvare la testa e buona parte del patrimonio nei convulsi anni della Rivoluzione francese, dai quali uscirà orfano, ricchissimo e, se possibile, ancora più strambo. Basti dire che un giorno, per misurare la fedeltà dei suoi amici, si dà per morto, fissa i funerali per l’ora di pranzo in modo da scoraggiare la partecipazione di chi lo sente meno vicino, e premia i pochi convenuti con una pantagruelica mangiata in una sala interamente parata a lutto. Perché per lui, che pubblica ogni anno l’Almanach des Gourmands, un annuario dedicato ai buongustai, tutto, scherzi compresi, deve risolversi in un’abboffata.
Come sezionare le carni. Il Manuel des amphitryons, che Tallone pubblica rigorosamente in francese, si occupa proprio di questo, in tre sezioni. La prima, il Trattato della dissezione delle carni, ci porta in un viaggio tra i secondi piatti. Non sempre si tratta di leccornie: accanto alle anatre, alle beccacce, alle pernici si trovano anche animali molto più prosaici, come maiali o polletti; ma la passione di Grimod è tale che perfino il pollo lesso diventa «uno dei piatti più succulenti che la cucina offra alla nostra sensualità» e va tagliato «con un coltello accuratamente affilato per procedere correttamente nella sua dissezione». Tutta questa prima parte è accompagnata da tavole magnifiche, che ricordano molto da vicino l’insuperabile chiarezza di quelle dell’Enciclopedia di Diderot e D’Alembert.
La seconda parte si preoccupa invece di indicarci alcuni possibili menu, per tutte le esigenze, e, soprattutto, senza abbassamenti di qualità: «Nel Menu di un grande artista non si può trovare nulla che sia mediocre». Stabilito con determinazione questo principio, via con le liste, divise per stagioni, e di tipologia variabile a seconda del numero di convitati, da un minimo di quindici (i patiti di cenette intime dovranno rivolgersi altrove) a un massimo di sessanta. Per questi ultimi, sono previste 92 portate; e i vini non sono da meno: un menu da 25 persone ne elenca 46 bottiglie, equamente divise tra rossi e bianchi. Chissà quanto male avrebbe pensato Grimod di quelle crudeli invenzioni contemporanee chiamate fast food e alcol test.
Codici di comportamento a tavola. Ma non è abbastanza: per essere gustato appieno, questo infinito ben di Dio deve essere delibato nella giusta cornice, con buone maniere reali, non di facciata; qui entra in campo la terza parte, della Politesse gourmande. Grimod non trascura nulla, dall’invito, rigorosamente scritto, all’annoso problema del placement, eterno mal di testa di chiunque organizzi cene sedute, «che non si deve certo fare a caso, ma, al contrario, deve far seguito a lunghe meditazioni e combinazioni approfondite da parte dell’Anfitrione». E così via, attraverso i dettagli del servizio e il codice di comportamento richiesto tanto a chi ospita quanto ai convitati. Con una serie di regole che Grimod ritiene tanto fondamentali da riassumerle al termine del libro in otto pagine, di cui raccomanda l’apprendimento a memoria. Confessiamo però di non averlo fatto.
Per rendere tutta questa complessità, l’editore Tallone si è impegnato in un lavoro certosino, durato dieci anni (dieci!) in un’operazione per cui ha schierato l’intera l’Europa della stampa di pregio: caratteri inglesi (360.000, per la precisione), carte italiane di puro cotone, inchiostri tedeschi, oltre naturalmente al testo francese. Un vero e proprio lavoro di team comunitario, per un lussuoso volume di trecento pagine che l’editore intende anche come un omaggio all’opera del padre, fondatore dell’officina tipografica: «L’edizione originale del libro», racconta, «era stata comperata da papà nel 1965 in una libreria antiquaria di Versailles, dove aveva organizzato una mostra dedicata a Dante. In quegli anni, lui pubblicò un altro classico del genere, la Fisiologia del gusto di Brillat-Savarin; la morte gli impedì di affiancargli questo, e ora abbiamo rimediato».
Anche se un libro di questo genere nasce per durare nel tempo, non certo per motivi contingenti, ovviamente la sua uscita in questo 2015, anno di Expo, non è casuale. E tuttavia temiamo che il buon Grimod, se avesse assistito alla visione delle migliaia di Expo visitatori che si ingozzano in una mezz’ora tra la visita a un padiglione e quella a un cluster, sarebbe quanto meno svenuto…