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 2015  ottobre 16 Venerdì calendario

Bisogna pagare i turchi (tre miliardi) perché si tengano i migranti


«Non possiamo gestire o contenere il movimento migratorio senza lavorare con la Turchia», ha avvertito Angela Merkel poco prima dell’inizio del summit europeo. Mossa davvero inevitabile, perché la penisola anatolica è la porta orientale dell’Europa e ha accolto due milioni di profughi che, altrimenti, sarebbero arrivati da noi. Con Ankara bisogna venire a patti, dicono tutti, tuttavia la cena dei leader ha dimostrato che è più difficile a dirsi che a farsi. C’era nel menu un piano di azione che potrebbe essere da 3 miliardi della Commissione per rendere «più europea» la Turchia, a patto che si impegni ad ammortizzare l’onda dei rifugiati. Se n’è discusso sino oltre mezzanotte, quando il presidente del Consiglio, Donald Tusk, è uscito per «dare il benvenuto all’accodo bilaterale coi turchi». Primo battesimo politico. Ma se ne parlerà ancora.
La situazione a Damasco
Un vertice di mezza stagione, assediato da una protesta routinaria, costretto a parlare di nuovo di crisi dei rifugiati a 20 giorni dall’ultima volta, dalla riunione di settembre in cui a fatica l’Europa ha serrato i ranghi e deciso di redistribuire 160 mila migranti pescandoli da Italia e Grecia. Da allora molte cose sono cambiate, s’è aperto a Lampedusa il primo centro di identificazione hot spot e si sono consolidati i meccanismi di controllo. Però s’è anche aggravata la situazione in Siria, circostanza che ha riportato al centro dell’attenzione sul vicino scomodo turco. La maggioranza dei Paesi Ue vuole andare incontro a Erdogan, nonostante la Grecia di Tsipras (che rappresentava anche il premier cipriota volato in Cina) che punta i piedi e i francesi che nicchiano. Così la fumata quasi bianca è arrivata tardi
La proposta
Il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans, è andato e tornato da Ankara. A Bruxelles ha portato un «piano di azione» ammorbidito rispetto a quello della scorsa settimana, stavolta sostenuto dai turchi che lo hanno firmato alle 5 del mattino di ieri. In sintesi, l’Europa si impegna a sostenere finanziariamente l’accoglienza dei turchi (3 miliardi è la richiesta ricevuta), esprimendo anche la volontà politica di accelerare il negoziato di adesione (5 capitoli rapidamente) e il processo di liberalizzazione dei visti dal 2016. In cambio, la Sublime Porta promette di stringere i controlli sulle frontiere, integrare i siriani, lavorare coi greci sulle isole, accettare i rimpatriati dall’Ue. Detto brutalmente, paghiamo perché se li tengano. I dettagli (e i fondi) sono da precisare.
Frontex più solida
Mentre l’ungherese Orban reitera la sua sindrome edilizia, il presidente della Commissione Juncker insiste nel chiedere a tutti di fare la propria parte: dai fondi per Siria e Africa mancavano ieri 2,2 miliardi. Adesso arriveranno, dice il lussemburghese. Consola l’intesa sul rafforzamento di Frontex e la convergenza sull’idea francese di creare un sistema europeo di guardie di frontiere. Dopo gli scontri estivi, c’è un clima più sereno. Anche se per entrare nel vivo della riforma del regolamento di Dublino occorrerà altra pazienza.
Unione bancaria
Colpo di mano dei tedeschi. E non solo. Con l’aiuto di alcuni Paesi nordici, Berlino ha fatto sparire dalle conclusioni «l’urgenza di completare» il progetto. L’intenzione è lineare: si vuole evitare la prospettiva di un sistema europeo di tutela dei depositi bancari per scongiurare ogni possibile assunzione di responsabilità finanziaria per sostenere le banche degli altri Paesi. Son cose che non fanno bene all’Europa.