Il Messaggero, 15 ottobre 2015
Dal Palazzetto dei Borgognoni di De Chirico in Piazza di Spagna a Roma al giardino incantato di Monet a Giverny, dalla Casa Blu di Frida Kahlo a Coyoacán alla bucolica Sandycombe Lodge di Turner a Twickenham: giro del mondo alla scoperta delle case-museo di alcuni grandi pittori
Quando ci si sofferma ad osservare le opere d’arte esposte in un museo, pubblicate in un libro, ingigantite da un manifesto, può capitare che si cerchi di entrare in contatto con l’artista che le ha realizzate. Si cerca un segno della sua personalità nella scelta dei colori, nel modo in cui ha modellato le forme. Ci si chiede che cosa lo abbia ispirato, dove sia andato a dipingere e se sia rimasto soddisfatto del risultato. Fatichiamo, però, ad immaginarcelo nella sua quotidianità, nei panni di un comune mortale che si alza al mattino, lascia il letto e si muove le stanze della sua casa, programmando la propria giornata. Sono tanti gli artisti che ci hanno lasciato le chiavi per accedere a quella che rappresenta il punto di partenza e il punto di arrivo della vita di ogni uomo, di cui a volte non si percepisce la presenza, ma se ne risente senz’altro l’assenza: la propria casa.
Da Londra a Roma, da Giverny a Città del Messico, sono tante le case degli artisti divenute musei aperti al pubblico. Alcune conservano gli arredi originali, altre sono state fedelmente ricostruite, come quella di Rembrandt ad Amsterdam, e raccontano, in modo “ideale”, la vita del genio che le ha vissute.
IL CENTRO DEL MONDO
Nel cuore di Roma, al n°31 di Piazza di Spagna, sorge nel seicentesco Palazzetto dei Borgognoni la casa di Giorgio de Chirico. La strategica posizione, accanto agli atelier di Via Margutta, a Trinità dei Monti e a Villa Medici, è divenuta per il “metafisico” il luogo perfetto dove trascorrere gli ultimi 30 anni della sua vita. «Dicono che Roma sia il centro del mondo – ha scritto il pittore nelle Memorie della mia vita – e che piazza di Spagna sia il centro di Roma, io e mia moglie, quindi si abiterebbe nel centro del centro del mondo». Passeggiando tra le stanze, si percepisce il tocco dell’arte come linea guida di un’intera vita: i pomposi ambienti seicenteschi del piano principale svelano la debolezza del padrone di casa per il gusto barocco e la stima nei confronti dei maestri del passato cui si è ispirato per l’esecuzione delle opere qui esposte.
Ci si imbatte poi nella serie “Vite silenti” in sala da pranzo e nella sua ultima produzione pittorica, quella del periodo Neometafisico, nella parte più nuova della casa. Sculture in bronzo raccontano i miti classici reinterpretati secondo l’immaginario dechirichiano e i personaggi della sua personale mitografia. Nello studio gli oggetti del mestiere sembrano attendere il ritorno del maestro, come nelle case parigine di Gustave Moreau e di Delacroix; modelli in gesso di statue antiche, cavalli e gladiatori dominano la biblioteca dell’artista, appassionato lettore di monografie. Peccato che la cucina sia divenuta un ufficio della Fondazione che gestisce il museo: è infatti il focolare domestico a raccontare le abitudini e i segreti di una famiglia.
IL GIARDINO INCANTATO
Nell’incantevole casa di Monet a Giverny la cucina, insieme alla sala da pranzo, rappresenta uno snodo importante che ci svela la passione del pittore per la buona tavola, il suo amore per l’orto e per le erbe aromatiche, la sua buona abitudine di ricevere amici come Pissarro, Cézanne, Durand-Ruel. Lontana dal caos parigino, in un borgo di campagna dove la pace regna sovrana, la casa del padre dell’impressionismo, circondata dal verde di un rigoglioso giardino, è un inno alla vita e alla gioia, un’opera d’arte floreale sia all’esterno che all’interno: i colori dei fiori, la dolce forma delle ninfee che “nuotano” nello stagno, le piante rigogliose, hanno decisamente ispirato le tele pittore francese, molte delle quali sono esposte nelle stanze che hanno mantenuto gli arredi del tempo.
L’artista visse in questo paradiso per più di 40 anni, insieme all’amata Alice, ai due figli avuti dal primo matrimonio e ai sei figli della compagna. L’idea di mantenere la casa un “luogo vivente” si deve al figlio, che ha deciso di creare in loco il Museo dedicato al padre, oggi gestito dalla Fondation Claude Monet, che conserva e rinnova il patrimonio vegetale.
IL NIDO
Se la casa del padre dell’Impression. Soleil levant era un nido condiviso con figli propri e acquisiti, la Casa Blu di Frida Kahlo a Coyoacán, un sobborgo di Città del Messico, è rimasta un nido vuoto di straordinaria bellezza e vivacità. C’è un rapporto viscerale tra Frida e Casa Azul: qui l’artista era nata, qui aveva sofferto dolori lancinanti a seguito del terribile incidente in autobus avuto tornando a casa dalla Facoltà di Medicina che avrebbe voluto frequentare, qui è divenuta la Frida che conosciamo: coraggiosa, talentuosa e determinata. Immobilizzata sul letto della sua stanza e rassegnata ad una lunga convalescenza, la giovane pittrice si fa installare uno specchio sul baldacchino e inizia a dipingere se stessa, l’unica cosa che vede. I suoi autoritratti non ci raccontano solo del suo corpo martoriato dai postumi dell’incidente che non le consentiranno nemmeno di diventare madre, ma sono anche intrisi di rimandi al folclore messicano, con i suoi elementi fantastici dalle tinte dark e soprannaturali. Nella sua casa blu la pittrice visse anche con il marito Diego Rivera: fu lui a volere che diventasse un museo. Oggi possiamo ammirare lo studio, la sala da pranzo e la splendida cucina arricchita da utensili e oggetti provenienti da Metepec, Oaxaca e Guanajuato, la camera di Rivera con gli abiti ancora appesi alla parete e la camera di Frida in cui gli arredi originali, le numerose opere e l’urna con le sue ceneri fanno percepire ancora la sua presenza.
SPIRITO BUCOLICO
Di spirito diverso è la romantica villa di campagna di Turner a Twickenham (Londra): la Sandycombe Lodge fu disegnata direttamente dall’artista, come fece anche Rubens per la sua sontuosa dimora ad Antwerp, e pensata come tranquillo rifugio per se stesso e l’amato padre “chioccia”, con cui visse in simbiosi per gran parte della sua vita. Semplice ed elegante e ispirata dallo stile italiano, la casa fu abitata da Turner per poco più di dieci anni. Il tranquillo paesaggio bucolico circostante, con le rive incontaminate del Tamigi, che ha ispirato anche le liriche pastorali di Pope e Thomson, ha inciso profondamente nelle opere del pittore tra cui spicca “England: Richmond Hill on the Prince Regent’s Birthday”, oggi conservata alla Tate Britain. Lo stile “tempestoso” di Turner sembra in netto contrasto con le dolci linee della loggia, che racconta il bisogno dell’artista di staccare dalla mondanità delle gallerie londinesi per ritirarsi a vita privata.