La Stampa, 15 ottobre 2015
Sulle unioni civili (discussione sulla legge rinviata al 2016) sorprendente alleanza tra Giovanardi e la transessuale Alessandra Gracis
Il disegno di legge sulle unioni civili è arrivato nell’aula del Senato. È un record per l’Italia che non si era mai spinta così avanti nel tentativo di riconoscere dei diritti alle coppie omosessuali. Ma per il momento è un record abbastanza inutile. La discussione vera e propria inizierà dopo la sessione di bilancio – forse persino non prima del 2016 – e il debutto è stato accompagnato da un coro di polemiche, dalle dimissioni di Gaetano Quagliariello dal ruolo di coordinatore di Ncd e dalla promessa di una battaglia che si annuncia non facile da vincere (Flavia Amabile)
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Lui, Carlo Giovanardi, gongola: «Sono sempre io, il retrivo, omofobo e bacchettone...». Lei, Alessandra Gracis, è lucida e soave allo stesso tempo: «Io auspico una legge che riconosca i diritti alle coppie non sposate, ma tutte, eh, non quelle o queste, in quanto nuove formazioni sociali».
Il punto è che è nata un’inattesa alleanza tra il senatore ultracattolico e l’avvocatessa icona del movimento transgender. Alessandra Gracis, infatti, transessuale da Conegliano Veneto, Alessandro in una vita precedente, si batte nelle aule di tribunale, fino in Cassazione, per tutelare quel mondo fragile e davvero indifeso dei transessuali, ma non condivide certe ostentazioni e bandiere ideologiche. I due firmano assieme una lettera aperta che farà discutere, in quanto esclude «un’impossibile parificazione con il matrimonio e quindi anche l’adottabilità di figli che devono restare nella disponibilità giuridica delle sole coppie unite in matrimonio, garantendo ai bambini il diritto di avere un padre e una madre, fermo restando il dovere di superare ogni forma di discriminazione».
Gracis è consapevole di gettare un sasso nel «suo» stagno. Ci tiene a spiegare: «Io penso che l’Italia non sia pronta per questo passo. Magari nelle grandi città non ci si farebbe caso, ma vi posso garantire che in provincia, nell’Italia profonda, portare all’asilo o alle elementari un bimbo figlio di due lei, o figlio di due lui, significherebbe gettarlo nella mischia della maldicenza e delle cattiverie. Ne soffrono gli adulti, che inferno potrebbe vivere un bimbo?». Senza trascurare che la legge socchiude la porta verso la pratica degli uteri in affitto, «indegno sfruttamento della povertà e disperazione di altre donne».
Non una contrarietà al principio, dunque, ma un’attenzione alla realtà. In nome di questa attenzione, Giovanardi a sua volta fa un passo non scontato. «Riconosco che lei ha ragione su tante cose. Bisogna razionalizzare la legislazione in tema del cambiamento di sesso. Occorre creare uno o al massimo due centri chirurgici di eccellenza per evitare obbrobri che capitano in sala operatoria e allo stesso tempo sperperi che non conoscevo». E c’è la firma dei due in questo appello contro «ignoranza, omofobia, transfobia, e ogni forma di disprezzo e disfavore nei confronto di progetti di vita comune diversi da quelli matrimoniali».