la Repubblica, 15 ottobre 2015
La star del basket Lamar Odom finisce in coma in un bordello del Nevada
NEW YORK.
In coma, attaccato a un respiratore artificiale, lottando contro la morte in un ospedale di Las Vegas. L’ultima partita di Lamar Odom – (ex) stella del basket Nba, (ex) marito di Khloe Kardashian (sorella della più famosa Kim, regina dei “socialite reality”), una vita tra polveri e altari, tragedie familiari e droga, grandi successi e scandali sportivi – è quella contro l’avversario peggiore che potesse mai capitargli. Al Sunrise Hospital della “città del peccato” Lamar (36 anni, 2,08 d’altezza) è arrivato in stato di incoscienza dal Love Ranch, famoso bordello del Nevada. A metterlo ko una overdose di “herbal viagra”, non meglio specificato intruglio per aumentare la potenza sessuale. Così dice il proprietario del bordello, ma i medici avrebbero trovato nel suo sangue tracce di cocaina e oppiacei e dietro la presenza di liquido nei polmoni ci potrebbe essere l’uso di crack.
Una vita da reality la sua e un reality in presa diretta sta diventando anche la sua decisiva battaglia per sopravvivere. La notizia (subito rilanciata da migliaia di tweet) è diventata virale sui social network, le immagini dell’ospedale di Las Vegas hanno fatto il giro dei telegiornali, la sua storia viene passata al setaccio su siti online di ogni genere, siano news, sportivi o di pettegolezzi. Dalle star della Nba, ex compagni o feroci avversari, arrivano decine di messaggi di solidarietà, al suo capezzale è corsa Khloe con l’immancabile codazzo di fotografi e videomaker che scandiscono la vita del “Kardashian Clan”.
Due volte vincitore dell’anello Nba con gli ultimi grandi Los Angeles Lakers (2009 e 2010) Lamar Odom aveva abbandonato l’attività agonistica nel 2013 (dopo un ultimo anno ai Los Angeles Clippers) e nel giro di un paio di mesi era tornato sulle prime pagine dei giornali per l’ennesima vicenda extra- sportiva, una guida in stato di ubriachezza e tre mesi di libertà condizionata. E a seguire il divorzio (dopo quattro anni) con Khloe e la fine della grande avventura televisiva con i Kardashian.
Non si può dire abbia avuto una vita facile, quel ragazzone alto più di due metri che si era fatto le ossa in un povera strada di Queens (New York) allevato dalla nonna (la madre era morta di cancro, gli uomini in queste famiglie nere scompaiono subito) e osannato dai compagni per la sua bravura negli improvvisati canestri di strada. Un’abilità che lo aveva portato al college (Rhode Island) e dopo un anno al professionismo Nba.
Una carriera segnata fin dall’inizio da grande bravura e grandi cadute (venne sospeso per ripetuti “abusi di droga”), una vita privata segnata dalla scomparsa (era il 2006) del piccolo figlio di sei mesi Jayden, morto in culla per “sindrome del lattante”, da quella di un cugino amato come un fratello, da un incidente d’auto (non guidava lui) in cui venne ucciso un ciclista. Tutto materiale che in mano a media più o meno spregiudicati, contribuì alla creazione dell’Odom “maledetto”.