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 2015  ottobre 15 Giovedì calendario

Israele, sigillati i quartieri arabi di Gerusalemme, poliziotti di nuovo sugli autobus, demolite le case dei terroristi, ieri ammazzati altri due palestinesi attentatori

GERUSALEMME I blocchi di cemento e i furgoni della polizia di traverso lungo la strada per controllare l’accesso e l’uscita dai quartieri della parte araba di Gerusalemme. L’esercito dispiegato nel Paese e le guardie che ritornano sugli autobus (c’erano fino al 2008). La decisione di togliere la residenza agli attentatori e di demolirne la casa di famiglia.
Il governo israeliano mette in atto le misure definite nella riunione durata sette ore tra martedì e mercoledì notte. Il premier Benjamin Netanyahu ha ordinato alle forze di sicurezza di circondare e chiudere le aree da dove sono arrivati l’80% dei palestinesi che in queste due settimane hanno portato la paura e la violenza nelle strade della città. Sette israeliani sono stati uccisi dal primo ottobre e ancora ieri un giovane palestinese si è scagliato con un pugnale contro gli agenti davanti alla porta di Damasco, verso la Città Vecchia, è stato ammazzato (è il terzo attacco in questo punto). Un altro terrorista è stato ucciso dopo aver ferito con il coltello una donna all’ingresso della stazione centrale degli autobus.
I palestinesi denunciano i posti di blocco attorno alle zone arabe come «una punizione collettiva», dichiara Saeb Erekat, tra i consiglieri del presidente Abu Mazen. «Gerusalemme Est è la capitale della Palestina. Se pensano di ottenere la sicurezza con queste misure, si sbagliano». Abu Mazen parla in televisione alla sua gente, spiega di appoggiare una «resistenza pacifica», chiede la protezione internazionale, proclama: «Non cederemo alla logica della tirannia». Mostra l’immagine di un ragazzino insanguinato come simbolo dell’aggressione israeliana (31 palestinesi sono stati uccisi): sostiene che sia morto (in realtà è in ospedale), non dice che la polizia gli ha sparato dopo che aveva pugnalato un adolescente ebreo della sua stessa età, 13 anni.
John Kerry, il segretario di Stato Usa, starebbe cercando di organizzare un vertice in Giordania con re Abdallah, Netanyahu e Abu Mazen. Lo scorso novembre un incontro simile aveva aiutato a calmare la situazione.
Le zone nella parte orientale di Gerusalemme sono state catturate ai giordani durante la guerra dei Sei giorni nel 1967 e annesse con un voto del Parlamento israeliano nel 1980, una decisione che non è stata riconosciuta dalla comunità internazionale. «Netanyahu ha giurato che non avrebbe mai diviso la città – scrive Ben Caspit sul quotidiano Maariv – ma queste misure sanciscono la separazione di fatto». Yedioth Ahronoth, il giornale concorrente, ammette: «L’illusione di una Gerusalemme unificata si sta sgretolando». La chiusura dei quartieri abitati in maggioranza da palestinesi – è convinto il governo – dovrebbe ridurre gli attacchi. Gli attentatori sembrano per ora «lupi solitari» che non rispondono a un’organizzazione estremista, gli attacchi sono stati perpetrati con coltelli, pugnali, mannaie da macellaio.