Corriere della Sera, 15 ottobre 2015
L’Italicum si può cambiare, ma solo dopo il referendum confermativo della riforma del Senato. Il premio alla coalizione sarà concesso in cambio di uno sbarramento più alto
ROMA Cambiare l’Italicum, la legge elettorale che dà un forte premio di maggioranza al primo partito, si può. Ma non ora. Meglio, trapela da ambienti pd, dopo il referendum confermativo della riforma costituzionale previsto per il mese di ottobre del 2016. A quel punto, mancherebbe poco più di un anno alla fine della legislatura (2018) e sarebbe anche maturo il tempo per (re)introdurre nel meccanismo elettorale mai sperimentato il premio alla coalizione e, magari, anche per ritoccare verso l’alto le soglie di accesso in Parlamento per i partitini.
Che questo percorso (teso a ritoccare un meccanismo troppo rigido in presenza di 3-4 grandi partiti) non sia più un tabù lo suggerisce anche il senatore a vita Giorgio Napolitano. In Aula, davanti ai banchi semivuoti delle opposizioni, l’ex presidente della Repubblica ha detto: «Bisogna dare attenzione a tutte le preoccupazioni espresse in queste settimane in materia di legislazione elettorale e di equilibri costituzionali».
L’ex presidente della Corte costituzionale Valerio Onida ritiene che il riferimento all’Italicum proposto dall’ex capo dello Stato «è appena accennato» ma deve essere considerato come «un intervento certamente meditato»: che, a questo punto, «riapre la partita sul premio dato a un solo partito». Secondo il costituzionalista Stefano Ceccanti, spesso ascoltato dal premier Matteo Renzi, il passaggio dal premio alla lista a quello di coalizione non sarebbe però a costo zero: più potere alla coalizione a patto che il governo e il premier siano ancora più forti. Il prezzo da pagare, argomenta Ceccanti, va rintracciato a pagina 24 della relazione della commissione dei saggi guidati da Gaetano Quagliariello e da Luciano Violante che, sotto gli auspici di Napolitano e del governo Letta, disegnò nel settembre del 2013 la «forma di governo parlamentare del primo ministro»: il premier propone la nomina e la revoca dei ministri; è licenziabile solo con la sfiducia costruttiva; può, a certe condizioni, chiedere lo scioglimento delle Camere.
Questo scriveva la commissione dei saggi e questo ha evocato Napolitano in Aula il giorno in cui la riforma del bicameralismo paritario ha compiuto il passaggio più insidioso: «A questo diverso equilibrio – conclude Ceccanti – faceva forse allusione il presidente Napolitano... Solo perché il governo e il presidente erano così rafforzati si prevedeva (allora) il premio anche alla coalizione...». Dunque si farebbe ancora in tempo a ripristinare quell’«equilibrio costituzionale».
Nei prossimi giorni Quagliariello (al netto delle turbolenze che ha innescato nel Ncd e nella maggioranza) presenterà un pacchetto di disegni di legge che consolidano questo percorso. E anche Silvio Berlusconi, appena 48 ore fa, ha invocato il premio di coalizione. Nel Pd, poi, c’è chi ricorda un emendamento di Andrea Giorgis (minoranza) sulla sfiducia costruttiva stoppato un anno fa dal governo. Col tempo, però, il gruppo dirigente dem potrebbe metabolizzare il premio alla coalizione temperato da soglie più alte e da altri contrappesi. A mettersi di traverso ci sarebbe il M5S che è allergico alle coalizioni. Spiega Danilo Toninelli: «Il premio alla lista nasceva dall’idea di Renzi e di Berlusconi di impedire al M5S di vincere le elezioni. Peccato, però, che hanno fatto male i conti e ora questa legge porcata potrebbe favorirci...».