MilanoFinanza, 14 ottobre 2015
Ma gli stress test servono a qualcosa? Il caso della Deutsche che li superò brillantemente e ora perde 6,2 miliardi
Si è poco scritto nei commenti e nelle cronache delle difficoltà di alcune grandi imprese in Germania e sulle conseguenze da trarre anche per la Vigilanza unica, la quale dovrebbe riflettere a lungo, anche in chiave autocritica, sul caso Deutsche Bank. Sarebbe troppo presto il solo ipotizzare una crisi del modello tedesco, anche se gli episodi di queste ultime settimane, messi insieme, costituiscono certamente un grave problema per il governo di Angela Merkel e per il mondo economico e sociale. Paradossalmente al caso Volkswagen fanno seguito ora la clamorosa perdita semestrale subita da Deutsche Bank per 6,2 miliardi, il rallentamento dell’export e i più acuti problemi indotti dalla crisi delle migrazioni dopo le iniziali grandi aperture da parte della cancelliera, nonché la maggiore sensibilità ai rischi geopolitici. Ciò accade proprio nel momento in cui in Italia si esaltano le riforme di struttura a suo tempo volute dal governo Schröder, alla base del rilancio della Germania. Sarebbe puerile adesso dedicarsi alla Schadenfreude e dunque gioire perché i problemi per i tedeschi si ampliano, dimenticando l’essenzialità del traino dell’Unione Europea da parte di quella economia. Sta di fatto però che la forte battuta di arresto rappresentata dal calo dell’export (-5,2% ad agosto) e della fiducia, segnala che non ci si dovrebbe più basare essenzialmente sulla domanda estera e che l’esigenza, da tempo rappresentata anche da altri Paesi, di espandere finalmente la domanda interna, ridimensionando il surplus dei conti con l’estero, non può più rimanere insoddisfatta. Non si vuole di certo capovolgere in una valutazione negativa, come si accusa da parte di ambienti tedeschi, il merito della Germania nel competere a livello internazionale con le sue esportazioni, ma un equilibrio con la domanda interna va ritrovato, anche tenendo conto che il surplus delle partite correnti ha raggiunto livelli che sono passibili di richiami e raccomandazioni da parte della Commissione Ue, secondo le regole vigenti che anche la Germania dovrebbe applicare. La vicenda Deutsche Bank, con la decisione di effettuare svalutazioni di vario tipo e accantonamenti anche per spese legali per una necessaria operazione di pulizia, presenta due facce: l’una strettamente legata agli errori e alle gravi irregolarità commessi con il caso Libor in particolare, nonché, più in generale, ai risultati delle strategie aziendali; l’altra che fa nascere interrogativi sulla Vigilanza bancaria, prima tedesca e poi unica, sul modo in cui vengono trattate ai fini dei diversi ratios, da un lato, l’attività di investimento, a fronte della quale sono state decise svalutazioni per 2,3 miliardi, e, dall’altro, la leva, che è risultata sicuramente eccessiva per la banca tedesca. A suo tempo, già in occasione dei primi stress test, si fece rilevare come le prove di resistenza previste favorissero le banche di investimento (o che, comunque, svolgono anche questa attività) rispetto alle tradizionali banche commerciali. Ora, se mai fosse stato necessario, se ne ha la conferma. Ma poi lo sguardo si volge, partendo da qui, alle banche regionali e agli intrecci tra credito e politica. Non si può fare ovviamente di ogni erba un fascio, vi sono tuttavia versanti patologici (anche gli eroi piangono) nell’economia e nella finanza, che, in primis nell’interesse della stessa Germania e poi dell’Europa, andrebbero sanati. Lo esigerebbe innanzitutto il rigore che gli esponenti della classe politica dirigente tedesca predicano nell’Unione e si impegnano a imporre agli altri. Ma per quel che riguarda il sistema bancario una sveglia suona per la Vigilanza unica, sempre con la faccia feroce verso altri sistemi ma mai segnalatasi per una dichiarazione almeno sulla situazione degli istituti tedeschi. Qualcuno ha giustamente ricordato che Deutsche Bank è uscita abbastanza bene dagli stress test e dalla prova approfondita della Bce; ma allora questi sono i risultati di tale caterva di esami e di misurazioni che alla prima verifica dei fatti finiscono con il dimostrare la loro debolezza? Di questo passo non si finirà con lo scoprire la debolezza, se non l’inutilità, di questi test? Francoforte non ha nulla da dire su quanto è accaduto? Non è che un test di adeguatezza di chi prepara test e prove sia preliminarmente necessario? Quis custodiet custodes? Ci si comporterà assumendo la posizione di fin de non recevoir? (riproduzione riservata)