Il Messaggero, 14 ottobre 2015
Addio alla signora di Colle Picchioni: è morta a 91 anni Paola di Mauro, grande viticoltrice dei Castelli romani, celebrata dal New York Times e da Luigi Veronelli. In quarant’anni di storia, i suoi vini sono stati amati da personalità del calibro di Woityla, Ratzinger, Reagan ed Elisabetta II
«Vedi questo vino – avrebbe detto Papa Wojtyla al cardinale Ratzinger a Castelgandolfo – viene da quel vigneto sotto di noi, Colle Picchioni. Lo produce una gentile signora, Paola Di Mauro, alla quale sempre, quando lo bevo, vanno le mie benedizioni e la mia riconoscenza».
Leggenda? Verità? La cosa certa è che c’era anche Giovanni Paolo II tra i suoi estimatori. Ma anche l’ex presidente Usa Ronald Reagan, la Regina Elisabetta e un esercito di intenditori ed esperti, a partire da Luigi Veronelli. Ieri la signora del vino, Paola Di Mauro, ha detto addio al mondo. A 91 anni. Ma lascia un segno nella storia dell’enologia. E un miracolo italiano, chiamato Colle Picchioni nato su una piccola vigna a Frattocchie (Marino), alle porte di Roma. Una storia da film, la sua. Celebrata anche dal New York Times.
GLI INIZI
Paola Di Mauro nasce a Roma, i genitori avevano un’azienda ben avviata all’Esquilino, la ferramenta Mela. Lei ne prende la guida e riesce a far crescere ancora di più l’attività. Nel ’68 acquista un ettaro di terra con una piccola casa, tra Albano e Marino. Non pensa ai vini ma all’aria buona. «Mi piaceva il panorama e la campagna, quasi un piacere da esteta». Il terreno viene coltivato da un contadino che in cambio offre a fine anno il vino, «ma non ha nessun amore per quello che sta facendo», si lamentava la signora. Così comincia a curarsene lei, la mattina è alla ferramenta e il pomeriggio scappa in campagna. La notte studia: coltivazione della vite, enologia. Il marito non è d’accordo con questa avventura e prova a farle cambiare idea ma lei è irremovibile. «Amavo troppo l’invenzione per fare marcia indietro e poi a detta di molti avevo un grande olfatto. Il vino era un sogno, farlo mi sembrava facile». Eppure è astemia, il che non la preoccupa.
IL SUCCESSO
Si mette al lavoro con mezzi di fortuna. Nel 1976 il terreno comincia a dare i primi frutti. Lei, caparbia, gentile e sorridente, va avanti. Acquista altri quattro ettari e inizia a produrre 12mila bottiglie l’anno “sfornando” un rosso d’eccellenza per i Castelli Romani. Paola si trasferisce in campagna, costruisce una seconda cantina.
Negli anni Ottanta l’incontro decisivo con l’enologo Giorgio Grai. Una accoppiata vincente e il Colle Picchioni entra nel firmamento della viticoltura italiana. Nell’84 la produzione arriva a 70mila bottiglie: bianco e rosso. Il vino di Paola Di Mauro si trova nei ristoranti più famosi degli Stati Uniti, è conosciuto da Reagan e dal direttore della Borsa di New York. Lei è sempre lì, in stivaloni pieni di fango. «Un vino va studiato, presentato, vestito», ripeteva con il suo sorriso bonario e accattivante.
Tra grandi stagioni di vino (bianco e rosso, ma sempre ad altissimi livelli) e risconoscimenti internazionali diventa anche una cuoca sopraffina tanto da pubblicare per il Gambero Rosso il libro «Le mie ricette. La cucina di una storica donna del vino». Chef poliedrica e imprenditrice geniale, applaudita anche sul New York Times e celebrata al fianco di grandi produttori come Piero Antinori, Angelo Gaja, Silvio Jermann.
Da qualche anno la signora del vino aveva lasciato la guida dell’azienda al figlio Armando. Che racconta: «L’amavano soprattutto negli Stati Uniti dove i grandi chef se la contendevano, tanto da mandare a Marino i loro inviati a studiare la filosofia del lavoro di mamma».
In ogni caso il suo ricordo e il suo segno resteranno in quel terreno dei Castelli e nella favola del vino italiano nel mondo. I funerali saranno celebrati questa mattina alle 11,30 nella basilica di San Barnaba a Marino. Per il suo ultimo viaggio, tra le sue mani proprio il rosario donatogli da Giovanni Paolo II. Magari brinderanno insieme, in Paradiso.