ItaliaOggi, 14 ottobre 2015
Premio Spia, così la Germania riconosce i meriti agli informatori che hanno tradito il loro paese a fin di bene. Quest’anno i vincitori sono Brandon Bryant, il pilota di droni americano che nel 2011 rifiutò di continuare la guerra segreta degli Usa e al biologo francese Gilles-Eric Séralini che ha rivelato il pericolo delle ricerche tossicologiche condotte dalla sua équipe nell’università di Caen. Di italiani non ce n’è neanche l’ombra. Da noi si preferisce l’omertà
Venerdì a Karlsruhe sarà assegnato il premio internazionale Whistleblower. Termine che non ha una traduzione precisa in italiano. L’Accademia della Crusca, a una richiesta precisa, ha risposto con una spiegazione lunga oltre una pagina. Si può rendere con un’approssimazione, sempre insoddisfacente.
Informatore? Spione? Delatore? Talpa? Non sono precisi. Se manca una parola in una lingua, non è mai per caso. Oppure, se una parola si trova solo in una lingua, e non si trova l’equivalente, dovrebbe essere il sintomo che rivela un aspetto del carattere nazionale. Ma bisogna sempre stare attenti a queste analisi. Ad esempio per Schadenfreude, la gioia che si prova per i guai degli altri. Si trova solo in tedesco, dunque per alcuni soltanto i tedeschi la provano. Ovviamente è una cattiveria: la provano tutti gli esseri umani. Perché si ride quando Charlot inciampa e sbatte la faccia a terra?
Whistleblower, letteralmente, vorrebbe dire quel che soffia nel fischietto. L’arbitro che interrompe il gioco. Ma è la soffiata di chi denuncia un gioco sporco all’interno di una società, di un’azienda, di un governo di cui fa parte. La condizione essenziale, tuttavia, di un whistleblower è che non denunci per interesse personale, o di una parte, o di un partito. Soffia per onestà, per amore della giustizia. «Manca la parola», rispondono quelli della Crusca, «ma è innanzitutto il concetto designato a essere poco familiare presso l’opinione pubblica italiana».
L’Accademia si dilunga sulle ragioni storico-sociali: chi denuncia nel nostro paese non viene mai elogiato, i suoi meriti non vengono riconosciuti. Peggio: sempre, o quasi, a pagare sarà lui, e la sua soffiata non servirà a nulla. Il termine tipicamente italiano, che gli altri non riescono a tradurre, è omertà. Come si dice in tedesco o in inglese? Omertà. Tutti sanno quel che significa.
Whistleblower sono Julian Assange o Edward Snowden, che hanno rivelato gli intrighi dell’amministrazione americana. Hanno passato, e passano, i loro guai, ma i loro meriti sono riconosciuti. A Washington li considerano traditori e li vorrebbero vedere in cella, altrove sono degli eroi.
Informatore o denunciante hanno in italiano una sfumatura negativa. Chi fa la spia non piace, e si suppone che lo faccia sempre per un suo interesse inconfessabile. Alla Crusca ricordano anche Gola profonda, colui che svelò il Watergate, i giochi sporchi di Nixon. Ma il termine viene usato nel gergo giornalistico, e non sempre in modo positivo.
La conclusione scontata è che al premio Whistleblower non ci sono stati candidati italiani. I vincitori a pari merito sono l’americano Brandon Bryant e il francese Gilles-Eric Séralini. Il premio alla memoria, assegnato per la prima volta, è andato al tedesco Léon Gruenbaum, scomparso settantenne nel 2004. Bryant era un pilota di droni dal 2006 al 2011, cioè dirigeva a distanza gli apparecchi senza pilota. Per motivi etici e giuridici rifiutò di continuare la guerra segreta degli Usa con i droni, che aveva come uno dei centri la base di Ramstein in Germania.
Il biologo Sérafini ha rivelato il pericolo delle ricerche tossicologiche condotte dalla sua équipe nell’università di Caen. Gruenbaum, figlio di ebrei fuggiti dalla Germania nazista, lavorò come fisico al centro di ricerca nucleare di Forbach, in Germania. Denunciò il passato nazista di diversi dirigenti, e il suo contratto non venne prolungato.
E da noi? «Resta il fatto», conclude l’Accademia della Crusca, «che le parole non entrano nel lessico di una lingua e negli usi di una comunità per imposizione dall’alto: soltanto il progredire del dibattito intorno al tema e l’intensificarsi dell’interesse pubblico per la cosa designata consentirà di sviluppare e radicare una designazione linguistica condivisa». I dizionari, prevedo, non dovranno aggiornarsi per lungo tempo ancora.