ItaliaOggi, 14 ottobre 2015
Che fine ha fatto la Grecia? Che ne è dei migranti che dovevano arrivare a milioni? E dell’Ebola? Gabutti spiega perché «non c’è più differenza tra uno scontrino truccato e un attentato ad Ankara o Gerusalemme. Tutto si spappola nel semolino quotidiano del notiziario apocalittico e imperscrutabile»
Che fine ha fatto la Grecia (vittima del liberismo economico e del capitalismo selvaggio secondo le sinistre radicali, stroncata da statalismo e ideologia secondo i liberisti)? Soltanto un mese fa, quando non si parlava che del destino dell’euro, la Grecia stava per trascinarci tutti nel baratro, e oggi non se ne parla più – il sorriso storto di Yannis Varoufakis è diventato d’un tratto più remoto delle scene incise sullo scudo d’Achille. E il virus Ebola, che qualche mese prima, in aprile o maggio, agiva ormai come una mezza pandemìa e minacciava d’estinguere in un lampo la specie umana? Anche d’Ebola non si parla più: è svanito, come un brutto sogno. E i «migranti»? Non ne dovevano arrivare milioni? Eravamo tutti disperati. Dove li mettiamo, adesso? Uno per parrocchia, dice il papa, ma le parrocchie ricalcitrano. E Matteo Salvini: «Ci saranno abbastanza hotel a quattro (e persino cinque) stelle per ospitarli tutti?» Tutti i talk show votati alle sante cause erano mobilitati. Non si parlava che di barche, barconi e vittime del mare, ed ecco che d’un tratto non se ne parla più, come se non ci fossero più vittime, né barche o barconi, e anzi non ci fosse più neanche il mare, e la vida estaba sueño.
Di tutto ciò che di volta in volta, oggi un evento (minimo) catastrofico, domani una minaccia cosmica, occupa i notiziari televisivi, le prime pagine dei quotidiani e le chiacchiere da bar degli elettori non c’è più traccia già poco dopo la chiassata mediatica. Gli stessi allarmisti (politici, giornalisti, cittadini engagé) che il lunedì sera intonano il loro macabro penitentiagite contro il rischio d’una pandemia che farà piazza pulita del genere umano, oppure annunciano uno tsunami finanziario per le prossime ore, hanno dimenticato (e anzi mai saputo) ogni cosa già il giorno dopo, quando si svegliano e passano a gufare e disperarsi per qualcos’altro: carte di credito, femminicidio, bunga bunga. Ci mette poco (sempre meno) l’Apocalisse eternamente annunciata a uscire dai titoli di testa.
Tutto sparisce dal radar mediatico in un lampo, più veloce della luce, come in un lampo e più veloce della luce c’era finito dentro. Niente di male se, per evitare di prendere sul serio gli schiamazzi mediatici, si trattasse soltanto di distinguere il vero dal falso, cosa che gli umani hanno imparato a fare da molto tempo,una facoltà fissata nel Dna dall’evoluzione. Ma non è più questione di vero e di falso. Ormai i media, a partire da Internet e dai fenomeni politici nati sul web, come quello che (ahinoi) conosciamo anche troppo bene, sono al di là del vero e del falso. Sono andati oltre il linguaggio umano.
Parlano soltanto per iperboli, lampeggiando dagli occhi come ipnotisti da fumetto, drammatizzando gli eventi, esagerandoli fino a renderli non soltanto irriconoscibili ma insensati. Tutto poi, nel racconto tossico dei media, si equivale: il Califfato e Ignazio Marino, le serate eleganti di Villa San Martino e il rischio che in California si spacchi la Faglia di sant’Andrea, la crisi in Ucraina e i servizi fotografici di Fabrizio Corona. Non c’è differenza tra una nota di ristorante truccata e un attentato ad Ankara o Gerusalemme. Tutto si spappola nel semolino quotidiano del notiziario apocalittico e imperscrutabile.