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 2015  ottobre 14 Mercoledì calendario

«Tutto il potere agli osti!»: dopo che il sindaco di Roma è stato costretto alle dimissioni per qualche bottiglia di vino messa in conto al ristorante, «la cosa più naturale da fare è verificare come si regolano con gli scontrini quelli che danno lezioni a Marino. Se gli osti romani devono segnare il destino del primo cittadino, che gli osti di tutta Italia decidano le sorti di tutti i sindaci e governatori»

Sarà la nemesi storica, sarà l’ironia della sorte, ma era destino che finisse così: cioè che la classe politica più mangiona e famelica d’Occidente cadesse nelle mani degli osti. Il 22 settembre, quando venimmo a sapere che negli uffici del Comune di Roma si faceva un gran parlare dei pranzi e delle cene di Marino pagati con la carta di credito del sindaco, cioè dai contribuenti, e ne scrivemmo per primi com’era nostro dovere, mai avremmo pensato che sarebbe stata quella la buccia di banana per far scivolare il sindaco e mandarlo a sbattere con tutta la giunta. Là dove non poté Mafia Capitale, poterono gli scontrini. L’inchiesta romana su Buzzi, Carminati, Spezzapollici & C. imponeva per legge lo scioglimento del Comune per infiltrazioni della criminalità organizzata. Ma il governo Renzi e il prefetto-battutista Gabrielli si misero in tasca la legge e si voltarono dall’altra parte. Quando però un paio di osti romani e un pugno di presunti commensali di Marino lo smentirono sui pranzi e le cene, la mannaia della questione morale calò impietosa sul sindaco. Forse perché lo scandaletto era attribuibile a Marino e a nessun altro, mentre lo scandalone coinvolge tutti i partiti, ma non Marino.
Consegnare le chiavi del Campidoglio ai mafiosi è una bazzecola: il peccato mortale è mettere in conto ai romani qualche bottiglia di vino. Se questa è la lezione, non deve stupire la piazza del Campidoglio gremita di fans del sindaco, né il 50% di risposte dei telespettatori di Sky favorevoli all’Ignaro, né i sondaggi che accreditano a una sua lista l’8% dei voti. La prima ad avvertire puzzo di tartufo (nel senso del Tartuffe di Molière) nell’affaire romano è stata Sabrina Ferilli, nell’intervista al nostro Antonello Caporale. Perché non siamo in Scandinavia, dove gli scontrini bugiardi bastano e avanzano per stroncare la carriera a un politico. Siamo in Italia, dove i politici e la stampa al seguito digeriscono tutto: non solo le libagioni a spese della collettività. Infatti fino all’altroieri la parola “scontrini” era usata per canzonare gli ingenui 5Stelle, che non hanno ancora capito come va il mondo. Davvero, nel Paese dei 90 parlamentari condannati e inquisiti, delle riforme elettorale e costituzionale scritte con B. e votate con Verdini, delle giunte e dei consigli regionali quasi tutti inquisiti per ruberie sulle note spese quando non per mazzette, dei due principali gruppi bancari che fanno a gara a nascondere i soldi di Cosa Nostra, del calcio marcio fin dalle fondamenta, il mostro è Marino?
Ieri a Milano hanno arrestato per mazzette, non per scontrini, il vicepresidente forzista della Regione Lombardia Mario Mantovani e indagato per turbativa d’asta, non per scontrini, l’assessore leghista all’Economia Massimo Garavaglia, braccio destro del governatore Bobo Maroni (inquisito per altre storie). Purtroppo non è ancora in vigore la mitica “riforma del Senato”, altrimenti i tre sarebbero tutti senatori ad honorem con immunità incorporata, e Mantovani sarebbe ovviamente a piede libero in attesa che il Senato neghi l’autorizzazione al suo arresto. Però Maroni e la sua giunta restano a pie’ fermo: Marino invece, tra gli strepiti della Lega e di FI, se ne deve andare. E subito.
Abbiamo sempre sostenuto che chi mente ai cittadini deve andare a casa, quindi anche Marino. Ma anche, non da solo. E dopo chi è peggio di lui, non per primo e unico. Se poi il suo delitto sono le bugie sugli scontrini anziché il non-governo di Roma, che ha sostituito il malgoverno di Alemanno & C. per colpa di una giunta in cui Marino conta uno e gli assessori del Pd contano 12, la cosa più naturale da fare è verificare come si regolano con gli scontrini quelli che danno lezioni a Marino. Abbiamo iniziato a farlo con Renzi, con risultati piuttosto avvincenti, e lo faremo nei prossimi giorni con tutti i governatori e i sindaci delle grandi città, con una Guida Michelin a puntate. Coraggio, colleghi dei giornali e delle tv: sotto coi rastrellamenti a tappeto di tutte le trattorie, i ristoranti, le osterie e le locande d’Italia. Siete stati tanto bravi con quelli frequentati da Marino, non vi mancheranno le risorse per estendere le ricerche a tutto il territorio nazionale. Nessuno deve più fare i conti senza l’oste, nessuno deve più chiedere all’oste se il vino è buono: semmai, chi ha pagato il conto. Maurizio Mannoni, che anche l’altra sera a Linea Notte s’è sentito in obbligo di prendere le distanze dal nostro titolo sulle cene di Renzi (come se qualcuno potesse sospettare che l’avesse fatto lui) e s’è inventato una smentita inesistente dell’oste della malora che ha osato parlare del Caro Premier, si tranquillizzi e si rassegni. Questo è solo l’inizio.
Se gli osti romani devono segnare il destino del primo cittadino, che gli osti di tutta Italia decidano le sorti di tutti i sindaci e governatori. Tutto il potere agli osti! Si convochi subito una nuova Leopolda con tutti i ristoratori, i cuochi, i camerieri e soprattutto le cassiere! Poi li si traghetti in massa in un nuovo talent Rai, in contemporanea con Masterchef. E, già che ci siamo, perché non pensare a una loro rappresentanza nel nuovo Senato, rigorosamente su base federale, al posto dei senatori a vita nominati dal Quirinale il cui legame col territorio sfugge ai più? Si ponga mano quanto prima a una Camera degli Osti e delle Corporazioni. Almeno avremo in Parlamento qualche addetto al magnamagna che lo fa per professione, non per appetito.