Il Messaggero, 12 ottobre 2015
Il destino dell’Italia e dell’umanità nelle mani di uno che si chiama Pippo e di una che pare aver studiato la storia militare sui Bignami. Caustiche chiose di Roberto Gervaso alla notizia del giorno: «Pippo Civati gela la Pinotti»
La notizia è, a dir poco, clamorosa e bene hanno fatto i giornali di tutto il mondo a pubblicarla in prima pagina, e i telegiornali, compreso quello, autorevole, della remota Corea del Nord, a dedicarle la copertina dei notiziari. La CNN ne ha fatto uno speciale e il Messaggero di Sant’Antonio è uscito, com’era prevedibile, in edizione straordinaria. All’Onu, alla Casa Bianca, in quella Rosada, al Cremlino e all’Eliseo non si parla d’altro. E non si parla d’altro nemmeno da Nerone, l’hostaria sotto casa.
Piaccia o no, il dissidente piddino e la ministressa renziana della Difesa, Roberta Pinotti sono oggi i due indiscussi protagonisti della scena internazionale. Obama, Putin, la Merkel, Hollande, Cameron e, si parva licet componere magnis, Renzi non sono che dei comprimari, le cui gesta e i cui proclami vengono magnanimamente relegati fra le “brevi”.
La notizia è questa: “Pippo Civati gela la Pinotti”. Nient’altro.
Pippo Civati, barbutello più che barbuto, è un tipo tosto, con il piglio del leader e la stoffa (pettinato d’antan) di statista. Se fosse nato nel castello di Blenheim, invece che in Brianza (secondo alcuni) nella città della lanterna o dintorni (secondo altri) ben più eroico sarebbe stato il suo destino.
La sua carriera politica sarebbe stata degna della penna di Plutarco e di Cornelio Nepote, di cui lo stesso Civati (lo ha reso di pubblico dominio) è un vorace lettore, se i genitori non l’avessero chiamato Pippo. Dovete ammettere, pur se a malincuore, che Pippo è un forte argomento contro di lui. Pippo (confronto imbarazzante e increscioso) non ha avuto la fortuna di chiamarsi Winston e di essere baronetto (Sir). E neppure di chiamarsi Charles Maurice, di essere cardinale senza fede e principe antimonarchico (chiese la condanna capitale del suo re, lo smidollato Luigi XVI). Cercate d’immaginare chi sarebbe stato e che cosa avrebbe fatto Civati se la sorte gli avesse riservato l’altisonante cognome Talleyrand-Périgord. E che dire, già che dire, di Klemens Wenzel Lothar Metternich Winneburg, principe e cancelliere asburgico?
Purtroppo il destino “cinico e baro” gli è stato ostile, ma ora ha un partito tutto suo, un partitino, che darà filo da torcere non solo a Renzi, ma allo stesso temerario fondatore.
Della Pinotti sappiamo poco. Ma questo poco ci riempie d’orgoglio. Ignoro dove abbia studiato la storia militare, non mi stupirei se l’avesse studiata sui testi sacri di von Clausewitz e di Sun Tzu, che Obama farebbe bene a leggere, o, almeno, a sfogliare. Ancora meno ci stupiremmo se le sue fonti fossero i Bignami, su cui tutti, anche Pippo, anche i due Mattei, Renzi e Salvini, si sono formati.
Di tutte le scelte del primo, quella di affidare la Difesa a Roberta è stata la più saggia e la più lungimirante. La donna ha la grinta di una walchiria wagneriana. Ha due palle al cui confronto quelle di un cannone a lunga gittata sono birilli.
Il suo cavallo di battaglia è la Conferenza di Jalta, dove nel febbraio del 1945, gli alleati Roosevelt, Churchill e Stalin si spartirono il mondo.
Il gelo con Pippo pare sia dovuto ai diversi punti di vista sull’ubicazione di questo storico luogo, che per uno s’affaccia sul Mar Baltico, per l’altra sul Mar Rosso. Una disputa territoriale. Bisogna assolutamente, prima che sia troppo tardi, fare chiarezza. Il gelo si deve sciogliere sul Mar Nero. Nell’interesse non solo dell’Italia, ma dell’umanità. Di guerra fredda ne abbiamo avuta una. E ci basta.