Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 12 Lunedì calendario

L’ex Doge sotto sfratto: non avendo trovato 2,6 milioni di euro per pagare la multa stabilita dal patteggiamento per corruzione, l’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan è costretto ad abbandonare Villa Rodella, un tempo simbolo del suo potere. «Sembra davvero un paradosso, ma il declino di Galan per certi aspetti somiglia tanto a quello della stessa Venezia, con il nuovo sindaco Luigi Brugnaro che – mentre l’ex “doge” riempie i suoi scatoloni – annuncia di voler vendere i capolavori di Klimt e Chagall per far cassa, e pareggiare il bilancio»

Giancarlo Galan è alle prese con gli scatoloni: il 20 ottobre deve trasferirsi in un appartamento a Cinto Euganeo. Casa in affitto. Il “doge” ora è nudo: lascia la lussuosa villa Rodella, che prima fu il simbolo indiscusso del suo potere, poi si trasformò nel simbolo del malaffare, scoperchiato dalla magistratura veneziana, con l’inchiesta sul Mose, che mise a nudo un sistema di tangenti “peggiore di quello di Mani Pulite” – la definizione è del procuratore capo di Venezia, Carlo Nordio.
Villa Rodella s’è trasformata nel simbolo della magistratura che vince sulla corruzione, considerato che l’ex ministro e governatore del Veneto deve lasciarla perché non ha i soldi per pagare i 2,6 milioni di euro di multa, stabilita in sede di patteggiamento – oltre a una pena di due anni e dieci mesi che, dopo i primi settantotto giorni trascorsi in carcere, sta scontando agli arresti domiciliari.
L’accordo con la procura era chiaro: se Galan non trovava i soldi entro il 30 settembre, lo Stato si sarebbe rivalso sulla sua sontuosa villa, confiscata mesi fa. E quei soldi, Galan, non è riuscito a trovarli. Così, con il trasloco da villa Rodella, in Veneto – e non solo – sembra stia traslocando definitivamente un’epoca intera. A guardarla oggi sembra lontana, eppure era solo il giugno del 2014, quando tra carceri e domiciliari, si procedeva all’arresto di decine di persone, incluso l’allora sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, il magistrato delle Acque e altri – tra cui Marco Milanese, potentissimo braccio destro di Giulio Tremonti. Galan, Tremonti, Milanese: uomini di un potere che sembra ormai svanito. E anche di questa caduta, in fondo, la parabola di Galan e della sua lussuosa villa, sono il segno tangibile: a racimolare i 2,6 milioni non è servito l’appello a Silvio Berlusconi, né la richiesta di aiuto ai vecchi amici, quelli che, quando era un potente e lo chiamavano “il Doge”, arrivavano a regalargli auto da 70 mila euro, come fece Niccolò Ghedini, che ora lo difende, sì, ma da avvocato.
Auto storiche, barche, casotto per la pesca: tutto in vendita, tutto all’asta. Sembra davvero un paradosso, ma il declino di Galan per certi aspetti somiglia tanto a quello della stessa Venezia, con il nuovo sindaco Luigi Brugnaro che – mentre l’ex “doge” riempie i suoi scatoloni – annuncia di voler vendere i capolavori di Klimt e Chagall per far cassa, e pareggiare il bilancio.
La ricchezza svanisce dopo l’evanescenza del potere sul quale, secondo l’accusa, Galan aveva costruito la sua fortuna. Secondo i pm, infatti, Galan era a libro paga del Consorzio Venezia Nuova, guidato dal “grande corruttore” Giovanni Mazzacurati, e della grande impresa Mantovani di Piergiorio Baita.
E proprio grazie ai lavori gratuiti compiuti dalla Mantovani – secondo l’accusa come scambio di favori – Galan riuscì a ristrutturare villa Rodella, trasformandola da casolare cadente del 2005 – quando l’ha acquistata – a lussuosa villa. Galan ha tentato di opporsi un anno fa. Il 9 ottobre 2014 ottenne il via libera al patteggiamento che prevedeva anche la confisca di 2,6 milioni di euro.
Da procedura l’ex governatore aveva 90 giorni di tempo per trovare il denaro e pagare il danno allo Stato. Ma non c’è riuscito. Il suo avvocato, Franchini, ha presentato ricorso in Cassazione contro il sequestro dei beni, riuscendo così a posticipare il provvedimento, che è però stato bocciato lo scorso tre luglio. È stato “invitato” a lasciare l’abitazione il 30 settembre, ma è poi riuscito ad ottenere una proroga al 20 ottobre.
Due giorni dopo, il 22 ottobre, a Venezia inizierà il processo a carico degli altri imputati, compreso l’ex sindaco Giorgio Orsoni che aveva tentato la strada del patteggiamento, ma inutilmente.
Alla sbarra per illecito finanziamento ai partiti ci saranno Orsoni per i fondi al Pd e l’ex europarlamentare Lia Sartori (Forza Italia), per concorso in frode fiscale l’ex dirigente regionale Giancarlo Ruscitti, per millantato credito per l’ex presidente di Fintecna Corrado Crialese e per corruzione l’ex ministro dell’Ambiente Altero Matteoli, l’imprenditore Erasmo Cinque, l’ex magistrato alle acque Maria Giovanna Piva, l’ex magistrato della Corte dei Conti Vittorio Giuseppone, il funzionario della Regione Giovanni Artico, l’imprenditore Nicola Falconi, l’architetto Danilo Turato e l’ex amministratore dell’autostrada Venezia-Padova Lino Brentan. Poi – come coindagati che hanno scelto di collaborare con la magistratura – compariranno Giovanni Mazzacurati, ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Piergiorgio Baita, amministratore della Mantovani, e Claudia Minutillo, ex segretaria di Giancarlo Galan ed ex amministratrice della Adria Infrastrutture. Tutti nomi che hanno partecipato alla spartizione del potere in Veneto, soltanto fino a due anni fa, dalle poltrone in Regione alla lottizzazione degli appalti più importanti.
Un sistema prima finito alla sbarra, poi all’asta, come i tesori che Venezia oggi prova a vendere per risollevarsi dai debiti tanto che il Comune si è anche costituito parte civile nel processo Mose investendo faticosamente 20 mila euro in legali.
A unire Galan alla sua Venezia, sembra sia rimasto soltanto un ultimo disperato grido di battaglia: Asta la victoria. Sperando che non vada deserta.