Corriere della Sera, 12 ottobre 2015
Valentino Rossi ha battuto Lorenzo perché ha una migliore visione del mondo
Jorge Lorenzo è un bravo ragazzo, ma ama fare l’originale. Per esempio: se fuori diluvia, lui esce senza ombrello, poi si stupisce se torna a casa fradicio e biascica frasi tipo: «Il più bravo sono io. Se sono dietro nel Mondiale è solo per sfortuna». Valentino Rossi, invece, nonostante sia una rockstar, è molto previdente: fa ciò che si deve, studia le alternative e non si fa mai trovare impreparato nell’emergenza. Per questo, se sente dire che la sua è solo fortuna, giustamente si infuria: «È irrispettoso. Chi arriva dietro potrebbe sempre cercare scuse. Io potrei elencarne una ventina per ogni volta che prendo paga. Ma io sono diverso».
Già. Lorenzo è monodimensionale, Rossi è 3D; Lorenzo ha una sola tattica (partenza flash e fuga), Rossi decritta la gara e vi si adatta come meglio può; Lorenzo non tollera che la realtà confligga con la sua teoria, Rossi non ha teorie; Lorenzo scarica altrove colpe proprie, Rossi conosce i propri limiti e li trasforma in opportunità. Ecco perché oggi, a tre gare dalla fine, Lorenzo si trova a 18 punti da Rossi quando prima del via era a 14. Perché a Motegi, pista teoricamente a lui favorevole, PorFuera non ha capito la gara, ha seguito solo l’istinto ed è finito terzo, infilato dal vincitore Pedrosa e da Valentino.
La chiave del Gp del Giappone sta tutta qua. Sotto la pioggia annunciata da giorni, Lorenzo ha abbassato la visiera e chiuso la vena. Via, veloce e feroce. Anzi, «brutale», come si è definito lui. Risultato? Vantaggio di oltre 3” su Rossi inseguito da Dovizioso, mentre Pedrosa galleggiava a quasi 9” e Marquez, frenato da un mignolo rotto, tirava a campare quinto. Nell’universo basico di Lorenzo, al quale non è passato per la mente di risparmiare un po’ le gomme perché non si sa mai, la gara pareva finita e la morale chiara: visto che anch’io so essere anfibio? Ma il motociclismo, come la vita, cambia in un amen. E quando su Motegi ha smesso di piovere e l’asfalto ha cominciato ad asciugarsi, i nodi sono venuti al pettine e gli strappi alle gomme. Pedrosa, che aveva guidato «suave», si è trovato pneumatici freschi, ha passato Dovizioso (alla fine buon 5° dietro Marquez) e in breve ha eroso il vantaggio sia a Rossi (sorpassato al 16° dei 24 giri) che a Lorenzo, sverniciato al 18°. Ma, a quel punto, anche Vale aveva gomme migliori del socio yamahista e al 20° lo ha sorpassato mentre quello, in precario equilibrio sulle uova, quasi a cerchioni vivi, timonava a caso una zattera alla deriva.
«La mia sfortuna è stata doppia: prima perché ha piovuto mentre sull’asciutto ero il più forte, poi perché ha smesso di piovere...», si è lamentato Jorge. «Non è così. Semplicemente io sono stato più bravo a guidare in condizioni difficili, giocando sulle mappature elettroniche e seguendo Pedrosa al momento giusto», ha replicato Rossi che poi, ricordando il suo ottimo sabato (2° in qualifica dietro Lorenzo poleman), ha aggiunto perfido: «Questo è un ottimo risultato, ma peccato che non si sia corso sull’asciutto: andavo forte anche lì...».
Com’è chiaro, la sfida è diventata ormai una battaglia tra visioni del mondo e quella di Valentino sembra la più efficace, anche perché ora arrivano Australia e Malesia, due piste che ama. Lorenzo ostenta sicurezza e resta aggressivo: «Voglio vincere tutte le tre gare». Ma, a parte che in questo caso a Rossi «basterebbe» arrivare sempre secondo, entrambi dovranno fare i conti col fattore Pedrosa, ormai arbitro del Mondiale. Ad Aragon aveva aiutato Lorenzo, stavolta ha dato una mano a Rossi. In realtà il fantastico Robottino, alla prima vittoria stagionale (50ª in carriera), sta aiutando solo se stesso a tornare grande e magari preparare un 2016 da aspirante al titolo. Dani sarebbe la vera storia tecnica di questi giorni, non ci fosse la disfida dei fenomeni a oscurarlo ancora una volta. Che sfortuna, eh?