Corriere della Sera, 11 ottobre 2015
Il commento di Sconcerti al 3-1 inflitto all’Azerbagian. Conte ha giocato quasi con la stessa squadra di Prandelli. La nostra vecchia capacità di far giocare male gli altri
A ndremo dunque all’Europeo, come è sempre stato normale. Non è un’impresa, nemmeno nell’epica esagerata del pallone. Raramente però venivamo da anni così poveri, due eliminazioni al primo turno ai Mondiali. Ora siamo almeno su una piccola carrozza di velluto rosso. Qualcosa d’importante Conte lo ha pur fatto. La differenza tra il Mondiale e questa piccola Italia che rimette fuori la testa è tutta sul suo conto. La formazione dell’ultima partita di Prandelli è vicinissima a quella che ha battuto l’Azerbaigian: c’erano Buffon; Darmian, Barzagli, Bonucci, Chiellini, De Sciglio; Verratti, Pirlo, Marchisio; Immobile e Balotelli. Al lordo degli infortuni, ci siamo quasi. Le uniche novità reali di questi due anni sono stati Eder e Pellè, non sufficienti per parlare di rifondazione. Conte ha cambiato da solo, per ordine e temperamento, la squadra della grande delusione. Ha lavorato anche dentro un movimento in stato confusionale, pieno di scommesse, piegato dagli scarsi risultati dei club e dall’aumento continuo degli stranieri. Non aveva un compito terribile, le qualificazioni europee sono sempre state un minimo sindacale, ma l’ha svolto al meglio, con le invenzioni che poteva e soprattutto frenando la sua indole un po’ barbara di voler essere sempre al centro di tutto. Ha imparato nei mesi a rodersi in silenzio fino a maturare la volontà di andarsene. Non è un c.t., lo sapeva, ne ha avuto la conferma. È un allenatore, sente «la proprietà» dei giocatori come nessun altro. Il primo a essere avaro con la nazionale è stato proprio lui ai suoi tempi. Ora credo abbia capito definitivamente che l’Italia non ha giocatori, li chiede continuamente in prestito. E nessuna grande società fa curare agli altri i giocatori propri, sono loro stipendiati e fortemente dentro un progetto societario, cittadino. Lo faremmo anche noi. Se nostro figlio avesse un po’ di febbre a scuola, lo andremmo a prendere, non lo faremmo curare dal medico della scuola. È un dovere prima che un dispetto. Ma Conte ha giustamente bisogno del tutto, così andrà alla Roma o al Milan e tornerà a vincere i campionati. È il migliore, il suo fanatismo è un gioiello, se lo merita. A noi resterà questo Europeo che ci rimette in strada, le promesse di Insigne e Berardi, la crescita di Verratti ed El Shaarawy, la scoperta di Eder, la nostra vecchia capacità di far giocar male gli avversari. Non è pochissimo. Per la nazionale basterà il buon senso di un c.t. normale, magari con un nome alto. Il resto è caso.