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 2015  ottobre 07 Mercoledì calendario

Cronache dalla legislatura più volgare di sempre: oscenità, insulti, lanci di oggetti e sceneggiate accomunano democraticamente tutti i partiti presenti in Parlamento. «Come colti da un’epidemia di sindrome di Tourette, i parlamentari sparano insulti e parolacce a raffica». Quanta tenerezza per quel "cornutacci e forchettoni" con cui negli anni Cinquanta Pajetta apostrofava i democristiani

Fa quasi tenerezza oggi ricordare il «compagno» Pajetta mentre negli anni 50 apostrofava i democristiani come «cornutacci e forchettoni». Offesa grave, la prima, che oggi è quasi bonaria (anche se c’è chi la iscriverebbe nel capitolo «sessismo»). Mentre i forchettoni sono nulla rispetto a decenni di magna-magna, con i politici attovagliati intorno alle moderne greppie. E se negli ultimi anni il tasso di parolacce e gestacci è aumentato, non c’è dubbio che questa legislatura abbia segnato un’impennata di volgarità. Culminata negli episodi che hanno visto protagonisti negativi (e poco puniti) i senatori Lucio Barani e Vincenzo D’Anna.
A fronteggiare la nuova irruenza verbale si sono trovati due «non politici» Laura Boldrini e Pietro Grasso, presidenti di Camera e Senato. E da «arbitri» sono diventati subito il bersaglio preferito delle opposizioni. Se Grasso, ancora ieri, veniva paragonato a Byron Moreno (lo scandaloso arbitro ecuadoregno di Italia-Corea), c’è chi riferisce di aver sentito un «cornuta», rivolto alla Boldrini. Ma il moviolone del labiale, nel video, attribuirà al 5 Stelle Diego De Lorenzis «solo» l’aggettivo «collusa». Il collega di partito Manlio Di Stefano, tanto mite in Transatlantico quanto esuberante in Aula, la definirà invece «donna senza dignità» e «zombie», attingendo al lessico familiare di Grillo.
Sessismo e volgarità sono di casa tra i velluti e gli stucchi di Palazzo Madama e di Montecitorio. Il 29 gennaio del 2014 il deputato a 5 Stelle Massimo Felice De Rosa, con un casco in mano, trattenuto da due commessi, apostrofa così le deputate del Pd Moretti, Campana, Giuliani, Marzano e Gribaudo: «Voi donne del Pd siete qui perché siete brave solo a fare i p...». De Rosa, querelato, nega di avere usato quel termine, sostenendo di averne usato un altro, non meglio identificato, che non discriminava tra uomini e donne (poi si scusa, parzialmente).
Gli esponenti del Pd non fanno meglio. Carla Ruocco denuncia di essere stata chiamata «puttana» dal Pd Francesco Sanna. Un video mostra il collega Luciano Agostini mentre mostra il dito medio ai grillini, accompagnandolo con insulti coloriti. Tra il dem Luciano Pizzetti e diversi grillini, riportano le cronache, si sfiora la rissa notturna nei corridoi del Senato: volano diversi riferimenti alle «mamme» e alle «sorelle» dei presenti.
Ma non c’è solo il sessismo. Come colti da un’epidemia di sindrome di Tourette, i parlamentari sparano insulti e parolacce a raffica. Nel dicembre 2014, Tommaso Currò, in fuga dai 5 Stelle, viene definito «uomo di m...». Il 12 febbraio, si scatena un violento alterco tra Sel e 5 Stelle: i deputati della sinistra si arrampicano sui banchi e si sente distintamente volare un «pezzo di m...».
Uno dei momenti clou dell’esplosione di coprolalia è il 27 aprile 2015, quando il ministro Maria Elena Boschi annuncia la fiducia sull’Italicum. Succede di tutto. Maurizio Bianconi (fittiano da battaglia) urla «fate schifo». Voci dall’Aula fuggite: «Branco di maiali, infami, rottinc...». Ettore Rosato (Pd) viene interrotto dai 5 Stelle: «Coglione, vai a fare in c...». Un deputato lancia crisantemi.
Il lancio di oggetti è un classico. Fiori, volantini, banconote, faldoni. Un giorno Maurizio Buccarella espone un simbolico canguro di pezza (niente in confronto alla storica mortadella mangiata in Aula da Nino Strano). A proposito di bestie, un dialogo tra Adriano Zaccagnini e Ignazio La Russa fa così: «Sei un animale!». «Ah sì? E tu sei un maiale!».
Poi si passa al fascismo, altro classico. Renato Brunetta cita il celebre discorso di Mussolini, e addita il «bivacco di manipoli renziani». Giulia Grillo definisce Rosato «un generale nazista». Umberto Bossi, tra i maestri riconosciuti nell’arte dello spararla grossa, ad aprile rispolvera il suo passato di virulenza verbale: «Al fascismo si risponde o con le armi o uscendo dall’Aula». L’ex montiano Tito Di Maggio parla di «nuova resistenza»: «E com’è noto, per la resistenza ci vogliono le armi». Angelo Tofalo (M5S), nel gennaio del 2014, finisce un suo discorso con ben tre ironici «boia chi molla». Angelo Sorial, nel frattempo, aveva dato del «boia» al presidente Napolitano. Qualche mese dopo, D’Anna dà prova dell’irrequietezza che ormai gli è riconosciuta: definisce i grillini «fascisti», urla «Duce! Duce!». E si esibisce in un saluto romano.