La Stampa, 6 ottobre 2015
Cento raid in cinque giorni. Molinari fa punto dalla situazione sui bombardamenti russi e sulle alleanze di Assad. Intanto l’Iran invia truppe nel cuore di Damasco
La Russia ha effettuato poco più di 100 raid in 5 giorni di operazioni in Siria ma l’impatto sul conflitto militare è già significativo. Ecco nel dettaglio le maggiori novità.
I ribelli si uniscono
La maggioranza degli attacchi russi ha colpito «Jaysh al-Fatah», l’Esercito della Conquista, sostenuto da sauditi, Turchia e Qatar. È la coalizione di gruppi ribelli più efficaci contro Assad ma sono divisi da rivalità che adesso passano in secondo piano. «Ahrar al-Sham», componente filo-turca, ha varato una maggiore integrazione con «Al Nusra», emanazione di Al Qaeda. Ad Aleppo «Kataib Abu Amara» ha aderito a «Ahrar al-Sham». Nel complesso l’«Esercito della Conquista» è diventato più coeso, pur avendo subito perdite, e le sue avanguardie sono a 22 chilometri da Latakia, dove c’è il quartier generale dei russi.
Ankara sfida Mosca
I raid russi consentono alle forze filo-Assad di riprendere l’iniziativa. Uno dei primi obiettivi è cacciare i ribelli da Aleppo, spingendoli verso il confine turco. Ciò significa far fallire il piano di Ankara di creare una no-fly zone nella stessa area per ospitarvi i rifugiati e proteggere i ribelli anti-Assad, sostenendone l’avanzata.
Il progetto di un’enclave filo-turca nel Nord della Siria è bloccato dall’intervento russo. Da qui le frizioni militari fra Ankara e Mosca, con i jet russi allontanati bruscamente dallo spazio aereo turco. Il presidente Recep Tayyp Erdogan è determinato a ostacolare Putin sul terreno: nella notte di domenica ha mandato i jet a colpire i ribelli curdi in Siria, entrando nello spazio aereo controllato dai radar russi. È una sfida ad alto rischio perché coinvolge la Nato.
Volontari anti-russi
Da Riad arriva un appello di 52 imam, sauditi e del Golfo, che chiedono ai «credenti» di «combattere i russi». È un testo analogo a quelli che, negli Anni 80, fecero nascere i mujaheddin afghani.
Fra i firmatari c’è Abdullah al-Azam, discendente di Abdullah Azam l’ideologo jihadista di Osama Bin Laden. Presto «volontari arabi» saranno Siria per la Jihad anti-russa.
L’America cambia marcia
Poiché i raid della coalizione contro Isis danno effetti scarsi e i ribelli filo-Usa disertano, il Pentagono prepara una svolta.
Fonti militari Usa parlano di «possibili ingenti aiuti per i ribelli moderati». Passando dunque a sostenere gruppi già esistenti, come già fanno sauditi, turchi e qatarini. Fra i beneficiari potrebbero esserci i combattenti curdi della «Coalizione araba siriana», nemici tanto di Isis che di Assad. L’intento sarebbe di mettere sotto pressione Raqqa, capitale del Califfo, e creare una zona cuscinetto lungo i confini turchi.
L’Iraq chiede aiuto a Putin
Baghdad ospita una «war room» di intelligence per la «coalizione» composta da Iraq, Iran, Siria e Russia. È diventato un alleato di Putin. Ed ora il premier Al-Abadi discute col Cremlino l’estensione dei raid anti-Isis all’Iraq. A meno di 4 anni dal ritiro dei soldati Usa, l’Iraq è nella sfera del Cremlino.
La mobilitazione sciita
Centinaia di soldati iraniani e Hezbollah sono arrivati a Damasco con un ponte aereo parallelo a quello russo. È la fanteria d’assalto che dovrà affiancare i governativi di Assad nella riconquista dei territori perduti. Siti Internet arabi suggeriscono che Mosca potrebbe parteciparvi con almeno 30 mila uomini. Sono i preparativi di un’offensiva di terra che minaccia di far trovare su fronti opposti iraniani e turco-sauditi. Diventa verosimile un conflitto fra potenze regionali rivali.