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 2015  ottobre 03 Sabato calendario

Lo stragista del college in Oregon è un ventiseienne che aveva in casa, legalmente, tredici armi • Cinque ragazze kamikaze esplodono tra la folla in Nigeria • Caos in Senato per il gesto sessista di un verdiniano • Chi lavora sei ore al giorno anziché otto è più felice • Quando il popolo vide piangere Lenin al funerale di Inessa, l’amante nascosta

  Strage Chris Harper Mercer, 26 anni, nato in Gran Bretagna da madre afro-americana e padre bianco, è il killer del college in Oregon. Ha sparato a professori e studenti dopo avere chiesto di che fede fossero. Quelli che hanno risposto «cristiana» sono stati assassinati. «Bene, incontrerete Dio in un secondo», avrebbe detto loro. Nove martiri. Altrettanti hanno riportato ferite. La polizia ha recuperato un testo dove l’omicida recrimina, è arrabbiato per un’esistenza infelice, si lamenta di non aver una ragazza, esprime commenti razzisti nonostante uno dei genitori sia di colore. Il killer è nato 26 anni fa in Gran Bretagna e si è trasferito da piccolo in California insieme alla mamma Laurel, afro-americana, e al papà Ian, bianco. Una coppia divisa dal divorzio nel 2005. Chris ha frequentato una scuola per ragazzi con problemi psichici, in seguito si è arruolato nel 2008 ed è stato congedato dopo appena un mese in quanto giudicato non idoneo. Poi l’esistenza anonima con la mamma, molto protettiva verso quel ragazzo che aveva qualche difficoltà. I vicini hanno raccontato delle proteste della donna con il condominio per la presenza di scarafaggi e il rumore dei bambini. Spiegava che davano fastidio al figlio, «non riusciva a dormire». Sul web, Chris ha indicato le sue preferenze. Politiche: conservatore. Religiose: contrario. Modelli: l’Ira nordirlandese. A seguire simboli neonazisti, ideologie estremiste, film horror. Sempre i vicini sostengono di averlo visto spostare delle casse con la madre ed hanno sospettato che si trattasse di armi. Gli inquirenti ne hanno recuperate 13, acquistate legalmente negli ultimi tre anni.

Nigeria Boko Haram ha fatto esplodere tra la folla, a Maiduguri, in Borno, cinque ragazze: la più piccola aveva nove anni. Quattro esplosioni in contemporanea hanno squarciato l’aria nel quartiere di Sareji, non lontano dall’aeroporto (la principale base militare con tanto di mercenari ed elicotteri stranieri). Qualcosa si è inceppato nel dispositivo di una quinta kamikaze. Bilancio: dieci morti e trentanove feriti. [Sull’argomento leggi anche il Fatto del Giorno]

Senato Caos in Senato perché il capogruppo dei verdiniani, Lucio Barani, ha fatto un gestaccio osceno rivolto alla senatrice dei 5 Stelle Barbara Lezzi. La reazione è furibonda, Paola Taverna si appella a Grasso per farlo intervenire su Barani e obbligarlo alle scuse. L’incendio divampa in aula: una ad una intervengono sdegnate varie senatrici, la fittiana Bonfrisco, la senatrice bersaniana Cecilia Guerra, la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli del Pd, che «per rispetto delle donne» chiede di convocare il consiglio di Presidenza per valutare sanzioni, la De Petris di Sel chiede «una punizione esemplare». Quando la seduta riprende dopo una sospensione, il capogruppo Pd Zanda chiede di applicare «sanzioni con rigore». Grasso convoca per lunedì l’ufficio di presidenza, bolla questa «escalation di atti inaccettabile» e promette «rigore assoluto» d’ora in poi. Barani non si fa vedere più in aula e manda una nota in cui si dice «veramente dispiaciuto di ciò che sta accadendo nell’Aula del Senato in ragione di un equivoco ingenerato da alcuni miei gesti istintivi. Con la mano rivolta verso il mio stesso volto invitavo quanti impedivano l’intervento del senatore Falanga ad ingoiare i fascicoli che tanto veementemente stavano sventolando». Ma ora rischia fino a dieci giorni di interdizione dai lavori. In Aula era in corso la votazione sulla riforma costituzionale ma a causa della bagarre innescata da quel gesto le operazioni si sono bloccate per ore ed è slittata a oggi quella sull’articolo 2, il cuore del ddl Boschi.

Sciopero 1 Uno sciopero del trasporto pubblico indetto da un solo sindacato, qualche goccia di pioggia, i cantieri alla stazione centrale e due piccole manifestazione (la prima al mattino, di studenti liceali contro la riforma della Buona Scuola, l’altra al pomeriggio, con la protesta dei movimenti per la casa) ieri hanno paralizzato Roma, con tram e autobus a singhiozzo e le due principali linee della metropolitana chiuse dalle 8.30 alle 17, e dalle 20 fino a fine servizio. Lo sciopero, inizialmente annunciato da tutte le sigle sindacali, nei giorni scorsi era stato revocato da Cgil, Cisl e Uil, per poi essere quindi indetto solo dall’Usb, che trova il suo zoccolo duro tra i conducenti Atac.

Sciopero 2 In Italia ci sono ogni giorno almeno quattro scioperi (Tonacci, Rep)

Lenin Nel libro Di questo amore non si deve sapere, Ritanna Armeni racconta che in una fredda mattina del 1920 le donne sovietiche, curiosando sull’imponente corteo funebre che dalla stazione ferroviaria alla Casa dei sindacati accompagnava il feretro della dirigente bolscevica Inessa Armand, trasportato «su un’auto nera piena di fiori», non riuscivano a credere ai loro occhi quando s’accorsero che era Lenin l’uomo che barcollava e non riusciva a trattenere le lacrime, «lo sguardo affondato nel cappotto», stravolto dal dolore, straziato per la morte della donna che amava ma che non era sua moglie Nadia Krupskaja. Lenin era stato stregato da quella donna bella e affascinante, incontrata a Parigi in un caffè fumoso dove si riunivano i russi dell’immigrazione. Una donna francese irrequieta che, ancora bambina, fu strappata ai genitori, trasferita in Russia dove si sposò e ebbe quattro figli da un uomo che poi tradì con suo fratello. Ma il marito messo da parte continuò ad amarla per sempre, e a perdonarla, e a prendersene cura quando il fratello morì e quando Inessa iniziò il suo percorso di rivoluzionaria a tempo pieno, con lunghi soggiorni in carcere e in Siberia. Poi nell’esilio incontrò Lenin. Tra i due nacque una storia d’amore così travolgente che Lenin sembrava doppio, scisso. Il Lenin che confidava di non poter ascoltare la musica «perché tocca i nervi, fa venir voglia di dire cose insignificanti, graziose e di accarezzare la testa di chi ha saputo creare cose così belle pur vivendo in un orribile inferno» era la stessa persona che si abbandonava al fluire dei sentimenti quando chiedeva a Inessa, che abitava nella casa accanto a quella dove il suo amante viveva con la Krupskaja, di suonare al pianoforte la Patetica di Beethoven. Alla morte di Lenin la storia tra i due amanti della rivoluzione – che sfidò il moralismo, le convenienze, l’inflessibilità dei rivoluzionari, la pazienza fedele e il dolore silenzioso della Krupskaja - fu nascosta per non dare scandalo, per non compromettere l’immagine integra del Capo cui non si potevano addebitare simili debolezze del cuore. (Battista, Cds)

Giornata lavorativa 1 In Svezia il comune di Göteborg ha deciso di tagliare l’orario in ufficio dei suoi dipendenti mantenendo lo stesso stipendio. L’amministrazione comunale ha avviato un test su alcuni impiegati che lavorano dalla primavera 2014 solo 30 ore settimanali (sei ore al giorno anziché otto). L’esperimento cominciato oltre un anno fa è stato positivo. La produttività è aumentata in maniera proporzionale alla diminuzione dell’orario lavorativo, così come dimostrano già molti studi. Non solo. Secondo il vicesindaco di Göteborg, Mats Pilhem, la riforma ha permesso di avere molte meno assenze per malattia. «Gli impiegati sono più felici e dunque si ammalano di meno ». Secondo la lezione svedese lavorare meno fa bene alla salute mentale e fisica, e aiuta l’economia. La Toyota di Göteborg è passata alle sei ore giornaliere ben tredici anni fa con il risultato che la società ha avuto un più basso tasso di avvicendamenti tra i lavoratori e un incremento di utili. Filimundus, uno sviluppatore di applicazioni di base a Stoccolma, ha introdotto le sei ore l’anno scorso. (Ginori, Rep)

Giornata lavorativa 2 La Turchia è il paese con la settimana lavorativa più pesante, ben 49 ore, mentre l’Irlanda ha 34,9 ore, la Norvegia 33,9 ore. I più fortunati sono gli olandesi con poco meno di 30 ore settimanali. (ibidem)

(a cura di Roberta Mercuri)