Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  ottobre 03 Sabato calendario

Jeff Koons (ex marito di Cicciolina) espone a Firenze tra Michelangelo e Donatello

Jeff Koons ci tiene a dirmi che dal sindaco di Firenze Dario Nardella ha appena ricevuto non una ma quattro chiavi della città, le antiche porte erano infatti quattro. Il riconoscimento non è da poco ma è meritato. Era da cinque secoli che un artista non mostrava e installava un’opera d’arte sull’arengario davanti a Palazzo Vecchio in Piazza della Signoria, lì in mezzo alla copia del David di Michelangelo e la Giuditta e Oloferne di Donatello. Jeff Koons invitato da Nardella stesso con la complicità del segretario generale della Fiera dell’Antiquariato Fabrizio Moretti, ha presentato il suo Pluto e Proserpina ispirato a Lorenzo Bernini ma realizzato in un colore giallo metallico con alla base dei fiori che crescono, sbocciano e se non si annaffiano muoiono. Incontriamo Koons nel suo albergo davanti ad un vero caffè americano.
Perché invece di un’opera Doc come il famosoBaloon Dogha scelto questo lavoro d’ispirazione barocca?
«A me piace molto il dialogo e credo che questa scultura parli bene al contesto e alle opere che la circondano»
L’idea del colore giallo da dove arriva?
«È da tempo che indago su come la scultura fosse un tempo policroma e quindi pittura e scultura fossero quasi un’unica cosa. Poi c’è stata la separazione e questo momento lo trovo molto interessante. Il colore quindi è un tentativo di ritrovare una unità all’interno del lavoro. D’altronde anche molte delle sculture di Donatello erano dorate e poi hanno perso la doratura»
Il suo lavoro ha sempre a che fare con la generosità.
«Sì, è importante per me che le opere creino un rapporto diretto con chi le vede. La superficie riflettente aiuta questa unione di chi guarda con l’opera. Riflettendosi dentro l’opera stessa lo spettatore ne fa parte»
Come laGazing Ball, la palla blu specchiante che è appoggiata nell’altra opera, la copia del Fauno Barberini installata nella sala dei Gigli sempre a Palazzo Vecchio?
«Sì. La Gazing Ball è un oggetto che si trova spesso nei giardinetti suburbani americani. L’ho sempre trovata affascinante e generosa. Chi la mette davanti alla propria casa vuole condividere lo spazio privato con chi sta fuori. È un’idea molto bella che credo tutta l’arte dovrebbe condividere»
Lei guarda molto alla storia dell’arte...
«Sono fortunato. Gli artisti Rinascimentali ad esempio potevano guardare alla scultura greca ma avevano pochissimi esempi di pittura antica da prendere come esempio. Io invece ho a disposizione un catalogo infinito di capolavori sia pittorici che di scultura»
Quali artisti Le piacciono?
«Moltissimo Poussin».
Ma prima non erano gli artisti Pop a interessarla?
«Sì agli inizi m’interessavano moltissimo Warhol, Lichtenstein e Dalí. Viaggiai dalla Pennsylvania dove vivevo a New York per incontrare Dalí quando ero ancora uno studente»
Cosa succede quando ci si trova davanti a un’opera d’arte che non si conosce?
«Ricordo quando vidi per la prima volta Manet! Dopo non ero più lo stesso. Io credo che il confronto con le opere d’arte cambi il nostro Dna. Da quando ho visto Manet io sono un’altra persona e cosi è successo con tante altre opere d’arte, da Velázquez a Goya».
Anche la sua arte può cambiare il Dna di chi la incontra?
«Sì credo che le nostre mutazioni si possano trasmettere agli altri»
Lei è uno dei più importanti artisti viventi e ha quest’anno compiuto i sessant’anni. Come è cambiato il suo rapporto con l’arte da quando era più giovane?
«Sono più in contatto con la mia mortalità e sento meglio il battito del cuore delle mie opere. Prima ero più intuitivo ora sono più riflessivo più lento, forse meno diretto».
Come è nato il rapporto con Firenze?
«Avevo conosciuto Fabrizio Moretti che mi aveva proposto questo progetto. Poi è venuto da me in studio insieme al Sindaco di Firenze, una persona molto speciale. Così siamo partiti con questa idea».
Gli spazi dove esporre chi li ha scelti?
«Prima abbiamo deciso la Sala del Giglio che mi sembrava un luogo naturale per una scultura della serie Gazing Ball. Poi l’Arengario che credo sia un luogo eccezionale».
Per il suo prestigio?
«Non solo. Ma anche per la sua capacità di far partecipare l’arte con la gente. Le sculture vengono incontro allo spettatore. È un aspetto che mi affascina della Firenze Rinascimentale. Un periodo storico che definire democratico è sicuramente rischioso. Ma tuttavia credo che la concezione dell’arte all’epoca prevedesse la partecipazione della cittadinanza. Il dialogo dell’arte con la vita pubblica era evidente. Questa idea di condividere la bellezza mi pare eccezionale. Credo che Firenze sia forse la città che lo ha espresso meglio e che continua ad esprimerlo. Queste giornate per me sono state una continua conversazione con il contesto che mi circonda».
Che differenza c’è con la sua mostra di Versailles?
«A Versailles si sentiva di più la dimensione politica del luogo, la rappresentazione di un potere forte. Questo a Firenze non c’è»
Che significato hanno i fiori alla base di Pluto e Proserpina?
«Come nel mio Puppy davanti al Guggenhein di Bilbao che fiorisce e cambia costantemente con le stagioni anche qui l’idea è di far sentire all’interno di una scultura statica il ciclo della vita che cambia e si trasforma»
Non si sente intimidito dal confronto con i grandi maestri Rinascimentali?
«Vede per me quello che è importante è il dialogo non il confronto. Certo non potrei essere in compagnia migliore. Ma credo che Michelangelo e Donatello potrebbero essere interessati dal mio lavoro, farsi delle domande ad esempio sulla mia riflessione sulla policromia».
Quali programmi dopo Firenze?
«Prima a New York dai miei figli e poi andiamo nella mia fattoria in Pennsylvania. Ma la settimana dopo devo volare a Vienna dove presento la mia Baloon Venus al Naturhistorisches Museum accanto alla Venere di Willendorf la piccola scultura Paeleolica che mi ha ispirato per la mia Venere».
Cosa si prova a passare attraverso due epoche cosi lontane in pochi giorni?
«Dal Rinascimento al Paleolitico si passa da una sensibilità più mentale e filosofica ad una più fisica. Da una dimensione più artistica ad una più naturale. Ma sia arte che natura in modi diversi comunicano quella generosità che credo debba essere alla base di ogni opera d’arte non solo mia ma quella di tutti gli artisti».