Corriere della Sera, 23 aprile 1999
Colorado, massacro alla Columbine High school. Due studenti armati fino i denti – il volto coperto da un passamontagna e con un identico impermeabile nero lungo fino ai piedi – hanno puntato i mitra al centro della sala, aprendo il fuoco. Alcuni studenti hanno subito cercato riparo sotto i tavoli, altri si sono messi a correre verso l’uscita. Quando l’incubo è finito, molte ore dopo, le autorità hanno contato 24 di feriti, alcuni molto gravi e quindici morti. Tra questi i due attentatori che si sarebbero suicidati
Nuova strage in un liceo americano. Ieri mattina all’ora di pranzo tre studenti mascherati appartenenti a una sedicente “mafia degli impermeabili neri” hanno fatto irruzione nella mensa della loro scuola in un sobborgo di Denver, in Colorado, e si sono messi a sparare all’impazzata sui compagni, prima di lanciare delle bombe a mano sulla folla. Quando l’incubo è finito, molte ore dopo, le autorità hanno contato dozzine di feriti [24, ndr], alcuni molto gravi e almeno 25 morti [13, ndr], inclusi due killer, che si sarebbero poi tolti la vita. L’appuntamento con il terrore, per i 1800 studenti della Columbine High School di Littleton – un sobborgo medio – borghese di 35 mila anime – è iniziato verso le 11 e mezzo del mattino, quando la sala della “cafeteria” era già gremita per il primo turno del pranzo. Tre giovani armati fino i denti – il volto coperto da un passamontagna e con un identico impermeabile nero lungo fino ai piedi – hanno puntato i mitra al centro della sala, aprendo il fuoco. Alcuni studenti hanno subito cercato riparo sotto i tavoli, altri si sono messi a correre verso l’uscita. “È scoppiato un pandemonio – racconta una studentessa – c’erano vetri e piatti rotti, cibo che volava e sangue dappertutto”. “I feriti urlavano e piangevano trascinandosi per terra, chiedendo di essere risparmiati – prosegue un compagno – poi abbiamo sentito l’esplosione delle granate. Era peggio del Kosovo in tv”. La banda si è poi spostata nella biblioteca della scuola, che è stata accerchiata da centinaia tra teste di cuoio e agenti speciali, mentre dozzine di elicotteri sorvolavano la scuola. Protagonisti assoluti e discussi, ancora una volta, i media. Accorsi sul posto prima delle autorità, che ad un certo punto li hanno intimati ad “abbandonare immediatamente la proprietà scolastica”. Ma la tragedia si è praticamente svolta in diretta. Con la ripresa aerea dell’arrivo degli agenti Fbi e dei “Swat team” in tuta mimetica. Dentro la scuola chi possedeva un cellulare l’ha usato per telefonare a casa. “Sono nascosta dentro un armadio – ha balbettato Dale Vest rassicurando il padre – sto bene”. Quando è iniziata la sparatoria, alcuni professori hanno cercato di mettere intere sezioni al sicuro dentro aule chiuse a chiave. “Il cuore mi batteva all’impazzata – ha spiegato una ragazza – temevamo di essere scoperti”. L’obiettivo di una telecamera inquadra il corpo privo di vita di un giovane che penzola da una finestra. Piùtardi una ambulanza lo porta via, a sirene spiegate, verso il vicino “Ospedale Svedese” che si riempie di feriti. Insensibili all ’angoscia dei genitori in frenetica attesa fuori, alcuni reporter li assaltano per “un commento a caldo”. Arrivano persino i carri armati e dopo oltre sei ore di attesa, la suspense è finalmente sciolta: la missione suicida ha risparmiato solo uno dei complici (che ha preferito non avvolgersi il corpo di esplosivo), subito arrestato. A scoprire l’identità dei tre Terminator è la Cnn. “Fanno parte della “mafia degli impermeabili neri” – spiegano in tv alcuni compagni – sono dei “gotici”. Si radunano ogni mattina davanti al liceo e non si mescolano con gli altri”. Mentre sparavano, avrebbero gridato “vendetta, vendetta”. Ma nessuno sa contro chi o che cosa. Alessandra Farkas ––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– SUI VIDEO NEGLI USA “La guerra è qui": e la strage – tv fa dimenticare il Kosovo DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON – Traumatizzata dalla strage di Littleton, l’ennesima e la piùspaventosa delle sue scuole negli ultimi due anni, l’America ha ieri dimenticato quelle del Kosovo. Dalle 13 circa, le 19 in Italia, in diretta alle Tv via cavo, che non hanno dedicato più un minuto ai bombardamenti della Serbia, il Paese ha seguito fino a tarda notte l’odissesa del liceo Colombine. Mentre nei Balcani si consumava un’altra pagina della pulizia etnica di Milosevic, e piovevano altri bombe e missili, la superpotenza si è trovata improvvisamente sotto assedio. Le grandi reti tv hanno interrotto i regolari programmi per trasmettere le immagini di questa tragedia. Persino il presidente Clinton ha accantonato, sia pure brevemente, il Kosovo per invitare la nazione a rimanere unita, e a pregare per gli studenti e gli insegnanti. Per l’America, è stato come se il Kosovo fosse entrato nelle sue case. Un odio insensato, odio di razza e per le istituzioni, sembra avere motivato i giovanissimi killer, in una suicida missione vendicatrice. Lo sceriffo di Littleton ha parlato di atrocità e di follia: di ragazzi assassinati per il colore della pelle o per l’abbigliamento, di corpi crivellati di proiettili e di trappole esplosive. Scene strazianti hanno costellato il dramma alle tv. Padri e madri sconvolti che urlavano invano i nomi dei figli, a mano a mano che gli agenti dell’antiterrorismo riuscivano a portare degli studenti in salvo, feriti coperti di sangue che venivano caricati sulle autoamblanze, sopravvissuti in lacrime. Era dall’attentato al Palazzo federale di Oklahoma City sei anni fa che l’America non subiva più ferite simili. Allora morirono ben 167 persone, ma fu un caso isolato di terrorismo politico interno. Le stragi nelle scuole si ripetono invece su scala sempre più ampia. E le Tv conferiscono loro un’immediatezza lacerante. Ieri gli studenti e insegnanti che non riuscivano a raggiungere la polizia con i cellulari dalle aule in cui si erano nascosti telefonavano alla Cnn e altri canali. E questi li imploravano di non citare i loro nascondigli, nel caso gli assassini li stessero ascoltando.