Il Messaggero, 1 ottobre 2015
Marino ancora nella bufera per l’ultimo viaggio negli Stati Uniti: polemiche per 15 mila euro che il Comune avrebbe sborsato per la delegazione e per un compenso che il sindaco avrebbe preso dall’università di Filadelfia (prima negato e poi indirettamente ammesso dallo stesso Campidoglio). Intanto la Santa Sede cerca di gettare acqua sul fuoco dopo le colorite confidenze estorte con uno scherzo telefonico a Monsignor Paglia sui sentimenti di Bergoglio per il sindaco di Roma
Da una parte ci sono gli strascichi di un viaggio in Usa che rischia di diventare come la storia delle multe della Panda rossa; dall’altra, ben più importante, c’è la vicenda dei rapporti con la Santa Sede, e con il Papa in persona. Ignazio Marino è in mezzo e oggi andrà in Vaticano per la cabina di regia sul Giubileo per dimostrare che nulla è cambiato. E in effetti ieri pomeriggio dalla Santa Sede è partita una telefonata per il Campidoglio. Marino ha abbandonato la riunione sui trasporti per parlare con padre Lombardi, portavoce della sala stampa vaticana, che lo avvisava della nota che stava per essere inviata. Intanto, però, il sindaco rimane nella bufera per il viaggio negli Usa. Il consigliere comunale Alessandro Onorato (Lista Marchini) dichiara: «La delegazione del sindaco ha speso 15mila euro, due dirigenti sono stati a carico del Comune, a Marino e alla sua addetta stampa è stato pagato, invece, il pernottamento a New York». Quindi Marino «ha mentito» quando ha affermato che il viaggio non sarebbe costato un euro ai romani. Il secondo aspetto, invece, riguarda il cachet che il chirurgo dem avrebbe preso per tenere la lectio magistralis a Temple University a Filadelfia. Anche qui, altra versione del Comune. In una nota il Campidoglio dice che «non ha mai ricevuto alcun compenso». Ma in una lettera ha anche precisato che «se fosse stato stanziato un eventuale compenso questo potrà essere devoluto al fondo Rome Heritage che il Comune di Roma ha istituito presso la King Baoudouin Foundation». Un’affermazione che cozza con la prima.
I RAPPORTI
Ma anche ieri è stato l’affondo di Paglia a tenere banco, seppur con una retromarcia del Vaticano. Il monsignore in mattinata si è presentato in ufficio sereno. Nessun cenno alla vicenda, nessun commento. Ha lavorato come sempre, ha ricevuto l’ambasciatore colombiano, ha sbrigato pratiche. Al pontificio consiglio per la Famiglia tutti facevano finta di nulla, chiaramente dispiaciuti per quanto accaduto. La telefonata fasulla del premier Renzi resta un colpo basso, altro che scherzo da preti. Un tiro mancino, imbarazzante e spiacevole. Il sindaco «imbucato», il «numero uno furibondo», relazioni con il Campidoglio giudicate macchinose e l’arcivescovo poi che al finto Renzi assicurava che in privato avrebbe aggiunto qualche altra cosa. Cosa? Al di là del Tevere il caso della telefonata rubata è stato al centro di diversi consulti, poi da Santa Marta è partito il via libera: al direttore della sala stampa padre Lombardi è stata affidata una nota con cui rassicura che i rapporti in corso per il Giubileo sono salvi, al contempo si prendono le distanze dai giudizi espressi da Paglia. «Le affermazioni riportate da una conversazione ottenuta con inaccettabile inganno non possono esprimere in alcun modo le posizioni della Santa Sede». I rapporti bilaterali tra le due rive del Tevere, con l’Anno Santo alle porte, «continueranno a svolgersi con serenità e correttezza nelle sedi opportune». Non è dato sapere se Paglia ieri mattina sia stato chiamato a rapporto dal Numero Uno, né se siano stati già presi provvedimenti. In ogni caso i tentativi di sedare la polemica scoppiata alla fine del Raduno mondiale della Famiglia, a proposito della presenza del sindaco Marino, sono andati a gambe all’aria. La telefonata con il finto premier, ha aggiunto padre Lombardi alla tv dei vescovi, «aveva carattere privato e quelle espressioni non erano state pensate per essere dette in pubblico». Sullo sfondo, un dato: Francesco è da tempo amareggiato per le strumentalizzazioni che subisce.