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 2015  ottobre 01 Giovedì calendario

Volkswagen, le prime conseguenze della frode. A una settimana dalla cacciata dell’ex ad, Martin Winterkorn, lo stabilimento di Salzgitter ha fatto sapere di aver tagliato la produzione cancellando un turno straordinario a settimana, quello di Braunschweig ha detto di aver congelato le assunzioni della controllata Financial Services e dagli Usa arriva una multa da 100mila dollari per inquinamento. Ma questo putiferio il più tranquillo sembra essere Schäuble, che parla di una crisi «da avidità», dovuta anche a un settore afflitto da una competizione globale «altissima». Quanto ai possibili risvolti sull’economia tedesca, ha sdrammatizzato: «Emergeremo dalla crisi più forti. Noi impariamo dalle crisi»

Se Volkswagen fa uno starnuto, alla Bassa Sassonia viene il raffreddore, recita un vecchio adagio della regione della “macchina del popolo”. A una settimana dalla cacciata dell’ex amministratore delegato, Martin Winterkorn, anche i primi dipendenti cominciano a sentire le conseguenze dello scandalo che ha travolto il marchio. Ieri lo stabilimento di Salzgitter ha fatto sapere di aver tagliato la produzione cancellando un turno straordinario a settimana. Nella fabbrica, che impiega 7.000 operai, vengono prodotte circa 7.100 vetture a settimana, tra cui molte auto diesel.
A 20 chilometri di distanza, anche lo stabilimento di Braunschweig ha comunicato di aver congelato le assunzioni della controllata Financial Services. E i contratti a termine non verranno prolungati. Nei giorni scorsi alcune le amministrazioni comunali di città particolarmente dipendenti dalla Vw come la stessa Braunschweig ma anche Wolfsburg, dove ha sede il quartier generale del gruppo, avevano fatto sapere di aver congelato assunzioni e nuovi investimenti, in attesa di sviluppi. Il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, è sembrato più tranquillo: quella di Vw è una crisi «da avidità», ma è anche dovuta a un settore afflitto da una competizione globale «altissima». Quanto alle possibili conseguenze sull’economia tedesca, ha sdrammatizzato: «Emergeremo dalla crisi più forti. Noi impariamo dalle crisi».
Ieri sera il presidio Vw, l’organo di controllo ristretto del gruppo, ha discusso fino a tarda sera sulla crisi. Primo, per valutare i primi risultati dell’indagine interna avviata la settimana scorsa. A quanto pare stanno emergendo responsabilità precise che riguardano alcuni top manager, ma il rapporto sembra confermare anche le voci che parlavano di un via libera al montaggio del software che truccava le emissioni arrivato già nel 2005, dieci anni fa e due anni prima dell’arrivo di Winterkorn alla guida del colosso del Made in Germany. Il secondo, spinosissimo punto di discussione tra i cinque membri del Praesidium è la nomina di Hans-Dieter Poetsch a capo del Consiglio di sorveglianza.
Una nomina, quella del top manager che da dodici anni siede nel consiglio dell’azienda, fortemente voluta dalle famiglie Porsch e Piech, che detengono le quote di controllo di Vw. Ma l’attuale direttore finanziario del gruppo è finito nella bufera perché alcuni lo accusano di aver informato i mercati finanziari troppo tardi sulle conseguenze della truffa. L’autorità di controllo della Borsa, Bafin, ha già avviato un’indagine.
Ieri anche la controllata Porsche ha scelto il suo nuovo capo. Come avvenuto nei giorni scorsi per i top manager già sospesi o cacciati, la scelta è stata rigorosamente interna. Da oggi Oliver Blume è promosso amministratore delegato del marchio, avendo l’ex numero uno Matthias Mueller preso le redini del gruppo la settimana scorsa.
Per il gruppo sono arrivate anche nuove grane dagli Stati Uniti. Dalla Harris County, in Texas, è partita una richiesta di risarcimenti per 100 milioni di dollari per inquinamento.