Corriere della Sera, 1 ottobre 2015
Il petrolio cala, le bollette aumentano: mentre da mesi il prezzo del greggio è in ribasso (45,09 dollari al barile ieri a New York), dopo una serie di cali è previsto per oggi un rialzo per le tariffe di luce e gas (rispettivamente del 3,4% e 2,4%). Il motivo? Lo Stato ha bisogno del "bancomat" pubblico per ottenere 1,5-2 miliardi di euro, a copertura di oneri connessi al settore energetico
Oggi aumentano le tariffe di luce e gas del 3,4% e del 2,4% per chi è nel regime di maggior tutela (circa il 75% delle famiglie non è ancora passato al mercato libero). Ieri il petrolio ha chiuso ancora in calo a New York, dove le quotazioni hanno perso lo 0,11% a 45,09 dollari al barile. Viene allora spontaneo domandarsi perché elettricità e metano aumentino se da mesi ormai il prezzo del greggio, sia quello americano (Wti) sia quello europeo (Brent), è debole. È pur vero che negli ultimi mesi le tariffe sono scese e infatti la famiglia media nel 2015 risparmierà in un anno 60 euro. Allora perché quest’ultimo rialzo? Sul prezzo finale dell’energia per famiglie e imprese pesano diversi elementi, tra cui l’aumento dei costi complessivi per l’approvvigionamento della «materia energia» e l’adeguamento degli oneri di sistema (individuati dal governo per coprire i costi sostenuti nell’interesse generale del sistema elettrico) e che sono uguali per tutti i clienti, sia per quelli in regime di maggior tutela sia per chi ha scelto il mercato libero. Una sorta di «bancomat» pubblico, a carico di famiglie e imprese, che stavolta serve a coprire tra 1,5 e 2 miliardi di euro connessi alla fine del meccanismo di ritiro dei certificati verdi nel 2016 e i costi per gli incentivi all’efficienza energetica. Insomma, la catena di trasmissione dal petrolio alla bolletta è troppo lunga.