Il Sole 24 Ore, 29 settembre 2015
Il crollo senza fine di Glencore, il colosso delle materie prime che ha perso il 75% quest’anno diventando il titolo che è calato di più alla Borsa di Londra. È vulnerabile per l’alto indebitamento e ha bisogno di una ristrutturazione più profonda di quella in corso. A far scattare l’ultima ondata di vendite è stata una nota di Investec che ha messo in dubbio il futuro del gruppo se i prezzi di rame e carbone, i suoi prodotti principali, continueranno a scendere
Si fa sempre più ripida la traiettoria discendente di Glencore: il colosso delle materie prime, che ha già perso il 75% quest’anno diventando il titolo che è calato di più alla Borsa di Londra, ieri è crollato del 29,4%.
A far scattare la nuova ondata di vendite è stata una nota di Investec che ha messo in dubbio il futuro del gruppo se i prezzi di rame e carbone, i suoi prodotti principali, continueranno a scendere. Glencore è vulnerabile per l’alto indebitamento e ha bisogno di una ristrutturazione più profonda di quella in corso, ha scritto l’analista Hunter Hillcoat. Se la previsione di Investec che i mercati delle materie prime continueranno a essere deboli per diversi anni è indovinata il valore di Glencore “potrebbe evaporare”.
Nel mirino da mesi a causa del calo dei prezzi delle materie prime in seguito al rallentamento dell’economia cinese, Glencore poche settimane fa aveva annunciato un piano da 10 miliardi di dollari di interventi per ridurre l’indebitamento, che comprendeva un aumento di capitale, la vendita di asset, un blocco temporaneo della produzione in due miniere africane e la sospensione del dividendo agli azionisti.
Il titolo aveva inizialmente ripreso quota, ma è poi tornato a calare con l’aggravarsi dei dubbi sulla solidità del gruppo. La notizia ieri che Glencore ha svenduto per soli 8 milioni di dollari un progetto di nickel in Brasile ha contribuito all’opinione negativa del mercato.
Glencore ieri è stata la vittima principale di un calo che ha interessato tutto il settore estrattivo: l’indice minerario londinese è crollato infatti ai minimi dal dicembre 2008.
Percorso inverso per Alcoa, il maggiore produttore americano di alluminio, il cui titolo è invece salito del 6% ieri in seguito all’annuncio che la società si dividerà in due gruppi quotati. La separazione tra la divisione alluminio, che è in difficoltà da tempo, e la divisione high-tech che produce metalli speciali per i settori automobilistico e aerospaziale, che è in forte crescita, è stata accolta positivamente dal mercato e dagli analisti e verrà completata nella seconda metà del 2016.
Il titolo aveva perso oltre il 42% quest’anno in seguito a un calo del 16% del prezzo dell’alluminio per un eccesso di offerta sul mercato in seguito a un boom della produzione in Cina.
“Vogliamo creare valore per i nostri clienti, i nostri azionisti e i nostri dipendenti e questa è l’opzione che crea il maggior valore,” ha spiegato il Ceo Klaus Kleinfeld. La divisione alluminio manterrà il nome Alcoa, mentre Kleinfeld resterà amministratore delegato della divisione metalli, che non è stata ancora battezzata.