la Repubblica, 29 settembre 2015
Ci sono due sole categorie che non meritano pietà: i tontoloni e gli imbucati. E per Marino, come diceva Totò, «è la somma che fa il totale». Per questo il Papa della misericordia non è stato misericordioso con il sindaco di Roma. Sia lode al Papa che ha fatto quello che Renzi non aveva fatto. Renzi lo aveva dimezzato affidandolo al prefetto Gabrielli, il Papa non ha commissariato l’altra metà del sindaco: lo ha messo tutto tra parentesi, lo ha licenziato
Il Papa della misericordia non è stato misericordioso con il sindaco di Roma. Perché ci sono due sole categorie che non meritano pietà: i tontoloni e gli imbucati. E Marino, come diceva Totò, “è la somma che fa il totale”. Ma c’è poco da ridere. Il Papa, che parla per simboli, a questa sua sorprendente mancanza di pietà cristiana ha affidato un drammatico messaggio politico per la nostra povera Roma: non c’è nulla di peggio della furbizia del tontolone. Francesco, che nel giorno dell’Epifania aveva rivendicato «la santa furbizia della fede, quella scaltrezza spirituale che ci consente di riconoscere i pericoli ed evitarli», ha insomma capito l’astuzia politica del Bertoldo che si imbuca e l’ha smascherata. Perciò, quando a Filadelfia l’ha visto spuntare dappertutto, alla Messa, e poi nella sala dove venne firmata la dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti, e ancora all’università dove parlava di lui con una familiarità da millantatore, il Papa non l’ha protetto e abbracciato come un fratello sfortunato, come un cristiano, in antico provenzale un crétin, un povero cristo. No. Ha voluto finalmente spiegarci il mistero Marino, che da due anni tormenta soprattutto noi che lo abbiamo votato. Ci ha così messo in guardia dall’insostenibile furbizia del tontolone che ha consentito all’ex sindaco Alemanno di alzare la testa e di dargli ieri su Twitter dell’imbucato speciale, proprio lui che è il primo responsabile politico del sistema criminale che ha degradato la capitale, una sorta di Ciancimino de Roma. Davvero è come se la scaltra grullaggine di Marino servisse a consegnare Roma a quella destra sociale che l’ha avvelenata, a Giorgia Meloni, la reginetta del peggiore populismo di Coattonia, la suburra moderna, appoggiata, nientemeno, dalla Lega di Salvini. Dunque sia lode al Papa che ha fatto quello che Renzi non aveva fatto. Renzi lo aveva dimezzato affidandolo al prefetto Gabrielli, il Papa non ha commissariato l’altra metà del sindaco: lo ha messo tutto tra parentesi, lo ha licenziato.
Tornate a guardare il video: il Papa non si è limitato a dire, con la dolcezza del pastore, di non avere chiamato a Filadelfia quella sua pecorella svagata, ma ha scandito roteando gli occhi: «Io-non-ho-in-vi-ta-to-il-sin-daco- Ma-ri-no». E subito dopo: «Chiaro?». Infine, a riprova che stava parlando di politica, ha raccontato che lui stesso – il Papa – si era preso la briga di indagare, ed è esilarante immaginarlo mentre domanda ai cardinali, mentre si informa con gli americani, mentre si arrabbia con Padre Federico Lombardi. Marino ovviamente sapeva di non essere stato invitato, ma contava sull’indifferenza del Papa. E invece Francesco ha detto ai giornalisti: «Ho chiesto agli organizzatori, e neppure loro lo hanno invitato». Per finire con un altro: «Chiaro, eh!» È dunque per scienza politica che il Papa ha trattato Marino come uno stalker, un disturbatore ossessivo, come quel Paolini che si metteva in mezzo nelle dirette televisive. Il Papa, che davvero somiglia a un parroco, non ha usato con lui la bonaria ironia che don Camillo opponeva a Peppone. Quelli infatti, a nome di Dio e di Marx, si volevano bene e si spartivano le anime e il territorio. Questo Papa se le spartisce direttamente con Castro, con Obama, presto se le spartirà con Putin, e si fa i selfie con l’anonimo credente e con i pellegrini, ma non con Marino al quale davvero ha dato l’altolà finale. La reazione del sindaco è la stessa di sempre, si fa fesso per farci ancora fessi: «Basta. Sono stufo di queste polemiche pretestuose. Hanno disturbato persino il santo Padre. Non ho mai detto di essere stato invitato da lui». Ma ieri Dagospia ha ripubblicato l’intervista che il 22 settembre aveva concesso al Messaggero : «Quando nel giugno scorso mi è stato riferito che avrebbero avuto piacere della mia presenza in tre appuntamenti del Santo Padre a Filadelfia, ma soprattutto all’incontro con le famiglie, ho detto a monsignor Paglia che sarei stato molto lieto di partecipare all’organizzazione della visita». Ecco cos’è l’insostenibile furbizia del tontolone che ora finge di non accorgersi che persino la lupa è scesa dalla colonna del Campidoglio ed è scappata via, perché parafrasando politicamente il proverbio siciliano: «Fa più danno un…Marino/ che un suino nel giardino».