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 2015  settembre 29 Martedì calendario

L’Apocalisse può attendere: all’indomani dello storico (e presunto) plebiscito per l’indipendenza della Catalogna, nel quartiere finanziario di Barcellona le minacce di banchieri e imprenditori sembrano rientrate, e i mercati non hanno registrato nessuno scossone. Ma le incognite per il futuro sono ancora molte, e la vera guerra con Madrid è appena cominciata

Ammesso che fossero davvero pronte, le valigie si possono riporre. Imprenditori e manager non scappano dalla Catalogna, niente fughe verso le frontiere, tanto meno quelle nuove. A Barcellona (e a Madrid) il 28 settembre era atteso e temuto più del 27, con una serie di catastrofi annunciate a tutti i livelli, le banche senza più la copertura della Bce, le imprese in un inferno senza euro, gli anziani senza pensione. Il giorno dopo dello storico (e presunto) plebiscito sull’indipendenza non c’è nulla di tutto questo.
In Catalogna tutti parlano di politica, ci si litiga il giornale al bar e si vedono persino le code all’edicola, dalle periferie, ai vicoli del centro invasi dai turisti, fino ai viali borghesi dell’Eixample. E i palazzi del potere economico non fanno eccezione. Il mondo delle finanza che si era mobilitato, adesso tiene il profilo basso. Niente dichiarazioni pubbliche dalla Caixa, la banca catalana per eccellenza, che era scesa in campo con un comunicato a una settimana dal voto, minacciando di portare altrove la propria sede in caso di indipendenza. Una mossa che può aver spostato qualche voto, ma che ha creato anche molti malumori, giudicata da tanti un’entrata a gamba tesa sulla libera campagna elettorale. Un po’ come era successo con il governatore della Banca Centrale spagnola che aveva parlato (salvo correzione posteriore) di «corralito» argentino (l’impossibilità di prelevare i propri soldi dal conto corrente), in uno scenario di uscita dall’euro.
Incognite sul futuro
La situazione politica catalana presenta molte incognite, essendo di fatto in mano a un partito, come la Cup, contraria al capitalismo, all’euro, alla Nato e via dicendo. Eppure l’apocalisse non è arrivata. «Sì, alla fine è un giorno qualunque, un lunedì simile a venerdì scorso – ragiona José Luis Martínez Campuzano, analista spagnolo della Citibank -. Le banche avevano avvertito dei rischi di certe scelte, non erano minacce. E ora giustamente non si espongono». Gli indipendentisti hanno vinto, ma i mercati finanziari sono tranquilli e fanno registrare risultati migliori di altri Paesi europei, persino l’Ibex 35, l’indice dei gruppi forti di Spagna non subisce scosse: «Questo dipende dal fatto che i sondaggi avevano detto con precisione come sarebbe andata a finire – prosegue Campuzano -. Se gli indipendentisti avessero avuto un successo maggiore lo scenario sarebbe stato diverso».
In serata però i clienti del gruppo inglese Hsbc ricevono una lettera dagli analisti della banca, che El Mundo pubblica sul sito: «Le incertezze sul futuro della Catalogna continueranno, almeno fino alla formazione di un nuovo governo centrale a dicembre. Ci saranno probabili effetti sui consumi e sulla fiducia degli investitori».
Qualche scossone si registra sulla Diagonal, il grande viale che taglia in due Barcellona, dove sorgono le sedi dei grandi gruppi spagnoli, degli istituti di credito e delle multinazionali. Ufficialmente nessuno prende posizione, ma la pausa pranzo tra colleghi ha un unico argomento. Anche sotto il grattacielo della Caixa il tema non può che essere l’indipendenza: «Non ve ne andate più? Guarda che abbiamo vinto», scherza il barista sostenitore della secessione, prendendo di mira i funzionari al bancone. «Alle bandiere siamo abituati, si figuri, ne ha messa una alla finestra anche mia madre – dice Miquel («Niente cognome, per carità»), giovane manager di banca -. Il fatto è che la storia sta diventando concreta, ora comincerà uno scontro con Madrid, ci faremo del male a vicenda. E cominceremo a risentirne».
Economia in crescita
«Il fatto che i mercati non abbiano reagito è il segno che le minacce dei giorni scorsi erano solo propaganda. Le imprese, specie le multinazionali, non sono interessate alla politica – dice l’economista Modesto Guinjoan, presidente di Barcellona Economia Sl -, cosa vuole che cambi per loro pagare i contributi previdenziali allo Stato spagnolo o a quello catalano? A loro importa il costo del lavoro, le tasse, la legislazione, non i dibattiti». Guinjoan, vicino alle tesi indipendentiste, prosegue: «Chi l’ha detto che l’indipendenza porterà svantaggi economici? Non esiste nessun timore, lo dicono i dati: nel 2015, l’anno del processo di secessione, l’economia della città è cresciuta, il turismo e il mercato immobiliare. Si guardi intorno: le sembra un ambiente che fa paura?».