Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  settembre 29 Martedì calendario

«Il bambino che calpesterà Marte è già nato. E ci dovrà portare una paletta di quella sabbia, in cui, forse, potrebbero celarsi dei microbi». Per Giovanni Bignami, presidente dell’Inaf, sul Pianeta Rosso si potrebbero trovare comunità di colonie di microbi estremofili, in grado di sopravvivere in condizioni al limite

«Il bambino che calpesterà Marte è già nato – dice Giovanni Bignami, presidente dell’Inaf -. E ci dovrà portare una paletta di quella sabbia, in cui, forse, potrebbero celarsi dei microbi».
Professore, sarebbe la prima prova di vita aliena: ma come potrebbero essere?
«Pensiamo al deserto di Atacama in Cile, che è simile a Marte per aridità: lì si trovano comunità di colonie di microbi estremofili, in grado di sopravvivere in condizioni, appunto, al limite. Una forma analoga di vita elementare potrebbe esistere anche su Marte».
In che modo, ora, cambia la nostra percezione del Pianeta Rosso?
«Sapevamo già dell’esistenza di una quantità consistente di acqua in profondità grazie a dei radar speciali che hanno rilevato diversi strati di ghiaccio. La novità, ora, sta nel fatto che non avevamo mai osservato così bene dei sali idrati sulla superficie. È stata, infatti, realizzata un’analisi dettagliata dei sali, che rappresentano una sorta di firma della presenza di acqua salata. In passato avevamo solo un’evidenza delle colate di questi sali, ora, invece, abbiamo una misura dettagliata».
Come è stato possibile ottenuto questo tipo di analisi?
«Grazie al satellite americano “Mars Reconnaissance Orbiter”, che gira intorno a Marte ormai da molti anni. A bordo sono presenti degli strumenti che rendono possibile l’analisi della superficie del pianeta e così si è riusciti a rilevare la presenza di sali idrati. Certo è che uno studio su campioni prelevati dalla superficie marziana sarebbe molto più interessante».
Da dove proviene quest’acqua salata?
«Probabilmente proviene da un ghiacciaio sotterraneo che, quando si scioglie, fa fuoriuscire acqua sulla superficie. Essendo salata, potrebbe rimanere liquida più a lungo e, quindi, scorrere sulla superficie stessa. Però gli stessi autori dello studio dicono di non avere ancora capito l’origine dell’acqua salata. Il meccanismo più logico rimane comunque lo scioglimento di ghiaccio in acqua».
Ora una missione umana su Marte diventa più probabile?
«Dal mio punto di vista non cambia nulla. Se l’obiettivo è quello di trovare nuove risorse d’acqua al di fuori della Terra è meglio andarle a cercare nei crateri delle comete: li è presente ghiaccio non salato e quindi utilizzabile».