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 2015  settembre 29 Martedì calendario

Giorgio Armani festeggia i suoi 80 anni di vita e 40 anni di attività con una biografia (in gran parte fotografica) edita da Rizzoli. copertina Armani ha voluto una sua foto di quando aveva 2 anni per fare giustizia di chi insiste maliziosamente che si sia rifatto il naso: «Così potranno tutti constatare che è piccolo da quando sono nato!». «Dopo aver letto la Cittadella di Cronin m’ero messo in testa di fare il medico», confessa. Ma il destino lo ha portato altrove

«Signor Armani pensa ci sia qualche giovane stilista in grado un domani di prendere il suo posto?». Domanda legittima ma il brusio della platea suona come bocciatura e il trionfale applauso alla risposta lo conferma: «Seguendo il mio ego direi che non ci sarà un altro come Armani! Talenti ne abbiamo, ma l’avanguardia non basta, conta lavorare tanto. E io ne ho fatta di gavetta».
Nella maxisala conferenze il ponderoso libro di (e su) Giorgio Armani diventa così celebrazione e mozione degli affetti per lo stilista piacentino che nel luglio 2014 ha compiuto 80 anni e 40 d’attività. Sulle pareti scorrono le immagini d’una vita, ragazzo in spiaggia, militare, attorniato da mille stelle. Sul palco parla invece la temuta giornalista inglese Suzy Menkes, per l’occasione però dolce come un crumble: «Giorgio, della tua moda hai fatto un’arte». Il libro, prevalentemente fotografico, è un libero mix di pensieri e parole «che rispecchiano emozioni, ricordi tenuti troppo chiusi nel mio cuore. Autobiografia? No, a quella penserò più avanti, dopo che succederà una cosa importante».
Sulla prima di copertina Armani ha voluto una sua foto di quando aveva 2 anni per fare giustizia di chi insiste maliziosamente che si sia rifatto il naso: «Così potranno tutti constatare che è piccolo da quando sono nato!». Una chicca le foto in famiglia con la mamma Maria, il papà Ugo, la sorella Rosanna (in passato a fianco di Mike Bongiorno a Sanremo ’63), il fratello Sergio. Infanzia tranquilla ma per modo di dire visto i problemi di lavoro del babbo, impiegato statale compromesso con il fascismo e soprattutto la deflagrazione d’un ordigno che nel primo dopoguerra provocano a Giorgio gravi ferite al viso e 20 giorni d’ospedale.
«Dopo aver letto la Cittadella di Cronin m’ero messo in testa di fare il medico», confessa. Ma il destino lo porta altrove. Prima come vetrinista alla Rinascente dove impara la cura dei dettagli, ancora oggi il suo mantra, poi venditore, infine imprenditore e stilista in decisivo connubio con Sergio Galeotti, partner nel lavoro e nella vita, scomparso 30 anni fa: ricordandolo, gli occhi gli si velano di lacrime. Le foto di lavoro certificano una grande carriera e uno stile che non risulta mai eccessivo, il tailleur per la donna manager e la giacca maschile destrutturata cambiano il costume, poi la liaison con il cinema, la copertina su Time, la solidità d’un impero senza confini. Rivoluzionario ? «Ho infranto molte regole. L’abito da sera con scarpe basse spiazzava le borghesi». Rimpianti ? «Non essere stato abbastanza con mia mamma». E a Lapo Elkann che gli chiede quale sarà la sua eredità più preziosa: «Il mio mestiere, bellissimo».