Corriere della Sera, 29 settembre 2015
Com’è andato il primo incontro formale dopo due anni tra Obama e Putin? «Positivo, franco, come tra uomini d’affari» secondo il leader del Cremlino. «Costruttivo» si è limitato a dire il segretario di Stato Usa John Kerry. Di sicuro è stato un confronto difficile, preceduto da uno scontro dialettico davanti all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, da un brindisi gelido durante il pranzo offerto dal segretario dell’Onu Ban Ki-moon e da una stretta di mano senza sorrisi prima di iniziare il colloquio a porte chiuse, dove si è discusso soprattutto di Siria e di Assad
«Positivo, franco, come tra uomini d’affari» dice Vladimir Putin all’uscita. E adesso il leader del Cremlino non esclude che agli attacchi aerei contro l’Isis partecipino anche bombardieri russi: «Disponibili a missioni comuni» (ipotesi al momento ancora remota). «Costruttivo» si limita a dire il segretario di Stato Usa, John Kerry, che ha assistito al primo incontro formale dopo due anni tra il presidente Obama e Putin. Un confronto difficile, preceduto da uno scontro dialettico davanti all’Assemblea generale, da un brindisi gelido durante il pranzo offerto dal segretario dell’Onu Ban Ki-moon e da una stretta di mano senza sorrisi prima di iniziare il colloquio a porte chiuse.
Un confronto che, però, è durato più del previsto (90 minuti). Nessun accordo ma qualche spiraglio inatteso: rimane il dissenso sul futuro di Assad, però verranno avviati colloqui Usa-Russia sul piano militare e per esplorare una possibile soluzione politica della crisi. Ma, nonostante l’interesse comune a combattere il terrorismo dell’Isis, le posizioni di Barack Obama e Vladimir Putin rimangono lontanissime, come è emerso anche dai discorsi pronunciati in mattinata dai sue leader davanti all’assemblea generale.
E alcuni, alla Casa Bianca, avevano consigliato al presidente di non incontrare il leader del Cremlino: un vertice destinato a rafforzarlo, spezzando l’isolamento decretato dopo l’aggressione russa all’Ucraina. Obama ha deciso diversamente, convinto che, anche senza un accordo, il dialogo è comunque utile. Ma ha voluto fissare i paletti fin dal mattino: «Pronto a collaborare con tutti, anche con la Russia e l’Iran, per cercare di arrestare la guerra civile in Siria, ma Assad che ha massacrato il suo popolo non può restare».
Dal palco dell’Assemblea generale dell’Onu dal quale ha parlato per l’ultima volta nella pienezza del suo ruolo di presidente il presidente ha aperto al dialogo con Mosca ma ha ribadito anche le sue pregiudiziali. Poco dopo sul palco è salito proprio il presidente russo che ha definito «un enorme errore la scelta di non cooperare col legittimo governo siriano, quello di Assad, e con le sue forze armate».
Non solo posizioni diverse, ma due lingue diverse: Obama, degli Stati Uniti, l’impegno contro i conflitti, per i diritti umani e il rispetto della legalità internazionale brutalmente violata in Ucraina dai russi e in Siria da Assad. Solo un minimo margine di flessibilità sui tempi dell’uscita di scena del dittatore di Damasco: una «transizione concordata».
Quanto a Putin, invoca un’alleanza internazionale contro il terrorismo in nome di quella stessa legalità internazionale che Mosca ha violato in Ucraina. Può farlo perché, nonostante Obama abbia ribadito anche ieri la richiesta di una ritirata russa dal Paese centroeuropeo, l’Ucraina in questo momento non è più il modo prioritario, un po’ perché la minaccia dello Stato Islamico è di-ventata il nodo più urgente, un po’ perché Mosca ha ordinato da qualche settimana ai ribelli di rispettare la tregua.
Putin ieri ha addirittura accusato gli Stati Uniti di essere in gran parte responsabili della degenerazione della crisi in Medio Oriente.