La Stampa, 25 settembre 2015
Dalla falsa partenza della Juventus alla (legittima) fortuna dell’Inter, dalla buona forma di Sassuolo e Torino ai passi falsi di Roma, Napoli, Lazio e Milan. Note a margine del campionato più folle che si ricordi da tanti anni a questa parte
Se leggiamo la classifica dal fondo, il Frosinone ha un punto, l’Udinese tre. Se li son portati via dallo Stadium, anche con l’aiuto della buona sorte, certamente, ci mancherebbe altro che due squadre così deboli si presentassero sul campo della Juve a menare le danze. In compenso al Chievo il pari andava persino stretto, e poiché tre indizi fanno una prova è del tutto evidente che il problema primo della squadra di Allegri è il rendimento interno. Fuori ha perso a Roma, male ma ci può stare, ha vinto sul campo del Genoa e ha sbancato Manchester. Nel suo fortino dove in questi anni non aveva concesso che briciole ha smarrito sia la concretezza sotto rete, in maniera sino a qui macroscopica, sia in misura minore ma significativa la capacità di limitare i danni in retrovia. Così, nell’avvio di campionato complessivamente più folle che si ricordi da tanti anni a questa parte, si ritrova dopo 5 sole giornate con un terzo dei punti dell’Inter e la metà di quelli del Torino. Se davvero era data a 300 la vittoria della Vinci sulla Williams agli Us Open, sarebbe carino sapere quanto avrebbe fruttato una classifica come questa al solstizio d’autunno. Una falsa partenza che chiama evidentemente in causa tutte le componenti della Juve: squadra, allenatore e società. Sono in discussione sia il rendimento di molti giocatori, a cominciare dal più osannato (Pogba), sia talune scelte di formazione del tecnico, che certe mosse, o non mosse, di mercato della società. In qualsiasi altro ambiente reduce da 4 scudetti consecutivi, e da una finale di coppa Campioni, una partenza così avrebbe già scatenato il finimondo. Se la Juve riesce, come da tradizione antica, a gestirla in sordina, e a proseguire il cammino in Champions come l’ha iniziato, può ancora sperare – sperare – di metterci una pezza. Come? Intanto non perdendo domani a Napoli, che in queste condizioni non è proprio come dirlo. E poi limitando i danni per almeno un altro mese, forse qualcosa in più. Il tempo necessario a recuperare due pedine-chiave in quel centrocampo squinternato: Marchisio e Khedira.
Il castello della capolista
Dieci punti più su l’Inter si gode il momento e sotto sotto s’interroga. È vera gloria? O «dura minga», come si dice a Milano? Quella che difficilmente durerà è la ruota della fortuna. Perché non è tanto il giocar bene o il giocar meno bene (male non direi) a pesare: quello è il sesso degli angeli. È la capacità di reazione alla prima disavventura, alla prima volta che ti girerà male dopo che ti è sempre girata giusta, ultima la traversa del Verona sull’azione precedente il gol della vittoria. Lì può scattare il vero salto di qualità, perché alla squadra il carattere non manca: oppure può cominciare a crollare il castello di carte, perché non mancano nemmeno le criticità. Fermo restando che la buona sorte non è una colpa: e che per quanto avventurose le 5 vittorie su 5 dell’Inter sono tutte quante legittime.
I misteri di Roma e Napoli
Non è una colpa la fortuna e non è un’attenuante la sfortuna. Al momento dell’autorete di Manolas, la Sampdoria si stava segnando con la sinistra per non aver ancora subìto il gol dell’1-2. Ma la Roma, quasi come la Juve, concretizza troppo poco sotto porta per non mettere in conto la nemesi. Una Roma capace di furori esaltanti come di smarrimenti improvvisi, cifre che l’accomunano ad altre grandi, o presunte tali, dal rendimento singultante. Il Napoli che segna 10 gol in tre giorni e poi fa sì e no il solletico al Carpi, peggior difesa del campionato. La Lazio che ne incassa 9 in due trasferte, ma poi all’Olimpico il suo cartellino lo timbra. Il Milan che prima passeggia tra le rovine dell’Udinese e poi regala una rimonta che solo per puro caso non si completa. Quattro squadre palesemente ancora alle prese con i lavori in corso: ma già staccate dalla vetta in maniera preoccupante.
Il lavoro di Ventura
In attesa di mettere a fuoco la Fiorentina, che fa comunque sul serio e domenica sera ci proverà sul campo dell’Inter, questo pazzo campionato segnala in terza ruota il Sassuolo. Unica squadra imbattuta, con la capolista, e con la più lunga striscia di imbattibilità (10 partite) contando anche la stagione scorsa. Grazie al calcio pratico e scintillante di un allenatore come Di Francesco, che certamente andrà lontano. Anche più lontano, a spanne, andrà il Toro di Ventura, sempre che i sogni di gloria non abbiano mandato fuori giri l’ambiente. A Verona ha perso con pieno merito: ma 10 punti in 5 partite restano tanti. Non mi torna soltanto quel Martinez, con Maxi Lopez e Belotti in panchina: ma è vero che il maestro ha un debole per i piccoletti di movimento, do you remember Barreto? E a proposito di singoli, in attesa di inevitabili mattane chapeau a Balotelli per come si è saputo rilanciare. Mentre dopodomani Totti ne fa 39 e ai primi di ottobre 38 Di Natale: purtroppo per loro, e per noi che li abbiamo amati, si vedono tutti e 77.