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 2015  settembre 25 Venerdì calendario

All’Expo il solo padiglione nel quale campeggiano da protagoniste le parole fame, sete, ingiustizia, ferite del pianeta, ferite dell’umanità è il padiglione della Santa Sede, nazione anomala e non dotata, a quanto se ne sa, di una fiorente agricoltura

A parte l’emozionante, magnifico padiglione Zero (quello delle Nazioni Unite), Expo non brilla per l’impostazione critica. Nel proprio spazio espositivo ogni Paese tende, comprensibilmente, a illustrare i propri meriti in tema di agricoltura e cibo, come in ogni fiera di questo mondo. Ma ne esce un’immagine troppo pacificata, troppo morbida della questione, che come si sa è molto spinosa e piena di implicazioni politiche e sociali. Per quel poco che si riesce a visitare in una giornata, colpiscono le eccezioni del padiglione più grande, l’appena citato Padiglione Zero, e di quello più piccolo. Il solo nel quale campeggiano da protagoniste le parole fame, sete, ingiustizia, ferite del pianeta, ferite dell’umanità. È il padiglione della Santa Sede, nazione anomala e non dotata, a quanto se ne sa, di una fiorente agricoltura. L’allestimento rimanda diritto – e non poteva essere altrimenti – alla dura enciclica di papa Bergoglio sulla “cura della casa comune”, la Terra. Lo zelo, la fatica virtuosa, l’ordine di Expo hanno il solo difetto di farci credere che questa cura sia in pieno corso, e dunque di rassicurarci più del necessario e più del verosimile. Un breve passaggio nel piccolo padiglione vaticano aiuta a non cullarsi troppo nelle illusioni.