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 2015  settembre 25 Venerdì calendario

La lista di quel che resta a Martin Winterkorn, ex amministratore delegato di Volkswagen: 28 milioni di euro di pensione totale; una buonuscita da 32 milioni di euro; la poltrona nel consiglio di sorveglianza della squadra di calcio Bayern München; un’auto Volkswagen a disposizione per gli anni a venire. Quando il manager sbaglia (e non paga). Da Fuld (Lehman) a Sullivan (Aig): i casi di stipendi record in società in crisi

Ventotto (e oltre) milioni di euro di pensione totale. Una buonuscita (forse) da 32 milioni di euro. La poltrona, che già occupa, nel consiglio di sorveglianza della squadra di calcio Bayern München. E un’auto Volkswagen a disposizione per gli anni a venire. La lista di quel che resta a Martin Winterkorn, neo ex amministratore delegato di Volkswagen, non è corta e non è scarna. L’onda lunga dello scandalo delle emissioni Volkswagen ha travolto la sua super poltrona automobilistica ma non tutto il suo regno, che si tratti di soldi, incarichi o piccoli (in proporzione) benefit.
«Se solo nella vita tutto fosse affidabile come una Volkswagen», recitava uno spot della casa tedesca degli anni Ottanta: una bella ed elegante protagonista lasciava arrabbiata un compagno fedifrago, lanciava per terra anello di fidanzamento, pelliccia e gioielli vari da lui regalati, ma – tirando fuori dalla borsa le chiavi della Golf – decideva di tenersi l’auto, con cui chiudeva lo spot allontanandosi soddisfatta (mentre, in sovraimpressione, campeggiava il riferimento all’affidabilità delle quattro ruote «made in Germany»). Non altrettanto soddisfatti possono oggi dirsi i conducenti delle 11 milioni di auto Vw con software manipolati per i controlli antismog. Soddisfatte sembrano invece essere le tasche di Winterkorn, almeno stando a quanto si legge nell’ultimo bilancio Vw al capitolo dei compensi. All’ex top manager, a meno di sorprese, spetterebbe una pensione complessiva di 28,6 milioni. A cui si aggiunge, come liquidazione, la retribuzione di due anni (31,8 milioni), anche se qui il consiglio di Wolfsburg potrebbe forse ridurre il maxi importo. L’anno scorso a Winterkorn sono andati 16,8 milioni (e 15 milioni nel 2013), vale a dire il secondo più grande pacchetto retributivo di tutta la Germania: da qui il calcolo dei 31,8 milioni di buonuscita. Fra le circostanze citate dal report c’è la decisione del consiglio di porre fine al mandato di Winterkorn prima della scadenza: se ciò avvenisse per un motivo di cui il manager viene ritenuto responsabile, la buonuscita potrebbe essere rivista in modo deciso. Tuttavia, in una nota l’azienda sostiene che Winterkorn non fosse «a conoscenza della manipolazione dei dati», ringraziandolo «per il suo elevato contributo» al gruppo, i cui ricavi sono quasi raddoppiati durante la sua guida. Winterkorn, annunciando le dimissioni, si è però assunto «la responsabilità delle irregolarità emerse riguardanti i motori diesel».
I numeri a otto cifre hanno inevitabilmente attirato l’attenzione e i commenti di tanti, dagli articoli dei siti della stampa finanziaria internazionale fino alle critiche di Beppe Grillo. Ma quello di Winterkorn non è l’unico pacchetto retributivo-liquidazione contestato in questi ultimi anni, tanto nel mondo delle aziende quanto in quello delle banche.
Uno dei casi più eclatanti è quello di Lehman Brothers, fallita nel settembre del 2008 dopo 14 anni di governo dell’amministratore delegato Richard Fuld. Dal 2000 al 2007 i compensi totali del banchiere americano raggiunsero quota 300 milioni di dollari (quasi 270 milioni di euro al cambio di ieri). Fuld spiegò che l’85% della retribuzioni era in azioni Lehman e che la «grande maggioranza» di questi titoli non fu venduta prima del crac, diventando una sorta di pugno di mosche. Resta però il 15% di 300 milioni di dollari: non certo un semplice argent de poche. Grandi numeri non solo per Fuld, comunque. La stessa Lehman concesse una liquidazione da 20 milioni di dollari a due dirigenti licenziati poco prima del fallimento.
Sempre negli Stati Uniti la Enron, prima di precipitare nel 2001 dentro un vortice di conti truccati, aveva versato 744 milioni di dollari (663 milioni di euro) in bonus e azioni a 140 alti manager (5,3 milioni di dollari a testa). E nel 2008 il colosso delle assicurazioni Aig, su richiesta delle Autorità Usa, a seguito di un maxi salvataggio di Stato congelò un assegno da 19 milioni di dollari all’ex amministratore delegato Martin Sullivan pochi mesi dopo le dimissioni. Tornando in Europa Fred Goodwin, alla guida della britannica Royal Bank of Scotland fino al 2008 – quando partì una pesante iniezione di denaro pubblico per sostenere la banca – vide evaporare compensi milionari. E gli fu annullato anche il titolo di «baronetto» concesso nel 2004. Honni soit qui mal y pense (sia svergognato colui che pensa male).