Corriere della Sera, 25 settembre 2015
I tedeschi dicono spesso che in Italia il legame tra politica ed economia è troppo stretto e che tutto è gestito sottobanco. Ma la vicenda Volkswagen dimostra che in Germania la situazione è peggiore e, in ultima analisi, più pericolosa. Il settore auto ha puntato troppo sulla tecnologia diesel, con cui è difficile rispettare i valori di emissione consentiti. La politica è venuta più volte in soccorso dell’azienda tedesca. Ora servono riforme strutturali, non bastano cambi al vertice. È crollato il cartello tra industria e Stato
La crisi della Volkswagen è uno dei grandi eventi dell’anno, perché ciò che sta per sfaldarsi come un castello di carte non è solo la grande impresa di una volta ma il modello economico tedesco in generale. In Germania, si dice spesso che in Italia il legame tra politica ed economia sia molto stretto e che tutto sia gestito sottobanco. Ma la vicenda Volkswagen dimostra che in Germania la situazione è peggiore e, in ultima analisi, più pericolosa.
La relazione tra Volkswagen e politica tedesca risale ai tempi del nazismo. Di quel periodo rimane solo l’architettura fascista nella zona industriale di Wolfsburg. Il Land della Bassa Sassonia è uno dei principali azionisti di Volkswagen, con un diritto di veto che protegge l’azienda da una scalata ostile.
Uno dei direttori della Volkswagen, Peter Hartz, ha scritto le riforme del mercato del lavoro del cancelliere Gerard Schroeder. Queste ultime non riguardavano la liberalizzazione del mercato del lavoro, come spesso si dice: l’obiettivo era ridurre il costo del lavoro per l’industria tedesca. In seguito alla riduzione delle prestazioni sociali, il sindacati cercarono di tutelare i posti esistenti: erano pronti a negoziare una moderazione salariale di vari anni. La Volkswagen era in grado di comprimere gli stipendi per legge. Anche in questo scandalo, i rapporti tra aziende e politica emergono come uno degli aspetti più rilevanti. I giornali tedeschi hanno pubblicato documenti secondo i quali Berlino avrebbe premuto nell’Unione per rendere più flessibili le direttive sulle emissioni dei gas e soddisfare gli interessi dell’industria tedesca. In effetti, in Europa, molti modelli diesel recenti non rispettano le norme sui gas di scarico. E il governo federale sapeva che la discrepanza tra i valori misurati e quelli dichiarati era enorme. Questi sotterfugi sono finiti. Ora ciò che rende interessante questa vicenda, e minaccia la Germania, è l’interesse della Environmental Protection Agency, una delle poche istituzioni al mondo su cui Berlino non esercita alcuna influenza lobbistica. L’industria tedesca ed europea dell’auto si è basata sulla tecnologia diesel per decenni, ma quest‘ultima sta diventando sempre più problematica. Ogni volta che cambiano le norme, aumentano le difficoltà ad attenersi ai valori di emissione consentiti. Dato che è tecnicamente possibile rispettare tali norme, immagino che la Volkswagen sia ricorsa a espedienti illegali per ridurre i costi. Finora, era stato possibile compensare gli oneri della tecnologia diesel con i sussidi pubblici. I governi europei appoggiano la follia del motore diesel tassandolo di meno, dunque in molti Paesi il carburante diesel è distribuito a prezzi più competitivi. Sovvenzioni possibili grazie agli stretti legami tra lo Stato e l’industria automobilistica. Esagerando, si potrebbe dire che la Volkswagen non decide solo le leggi sul lavoro ma persino le accise.
Ora però crolla il cartello tra industria e Stato e i consumatori si allontaneranno dalla Volkswagen per motivi assolutamente razionali: i modelli che hanno comprato potrebbero dover essere aggiornati per rispettare le norme. La Volkswagen riuscirà a finanziare le modifiche? Riuscirà a sopravvivere a questa crisi? Lo Stato tedesco violerà le regole della Ue sostenendo la Volkswagen con aiuti di Stato? I clienti ritroveranno la fiducia in un marchio commercializzato in modo manifestamente illegale? Se la Volkswagen si comporta così con gli addetti ai test, perché non dovrebbe fare lo stesso con i suoi clienti? Chi spende molte migliaia di euro per un’azienda che si comporta in questo modo, se ha delle alternative?
I regimi cadono quasi sempre per una serie di incidenti. L’Epa ha intrapreso ciò che nessuna autorità tedesca o europea oserebbe: un attacco frontale al cuore del modello economico tedesco, secondo molti, tutt’altro che liberale. È corporativista. Se c’è un Paese nell’area euro che ora necessita di riforme strutturali, quello è la Germania. E non intendo le riforme del mercato del lavoro dell’allora direttore della Volkswagen.
(Traduzione di Ettore C. Iannelli)