la Repubblica, 23 settembre 2015
Buone notizie per Emilio Fede e Nicole Minetti: la Cassazione, accogliendone i ricorsi, ha stabilito che per loro il processo Ruby bis andrà rifatto. Respinto invece in quanto inammissibile il ricorso dell’accusa, che chiedeva pene più alte. Resta escluso dal nuovo processo Lele Mora, che aveva accettato la condanna d’appello
Va rifatto il processo a Emilio Fede e Nicole Minetti. Lo ha deciso ieri la corte di Cassazione, alla fine di una giornata contrassegnata dalle «sorprese», quasi a testimoniare come anche i giudici della suprema corte, come gli osservatori, come i giudici, come la pubblica opinione si siano divisi su Ruby Rubacuori, sulle «cene eleganti» di Arcore. Per il momento si conoscono pochi elementi, ma pare importante partire da un concetto: il ricorso della procura generale milanese, che chiedeva pene più alte, è stato respinto. Secondo concetto: gli atti tornano a Milano, e non a Monza, quindi Milano viene ancora una volta riconosciuta come la sede competente. La terza sezione della Suprema Corte vuole dunque un processo d’appello bis sia per l’ex direttore del Tg4 sia per l’ex consigliera della Regione Lombardia, i quali erano stati condannati a quattro anni e dieci mesi e a tre anni di reclusione. A quanto sembra di capire, i temi centrali sono due, la minore età di Ruby e la prostituzione Ieri, il procuratore generale Ciro Angelillis aveva puntato la requisitoria su una delle questioni che avevano diviso anche i magistrati milanesi, tanto da causare le clamorose dimissioni del giudice d’appello di Milano Enrico Tranfa: l’età di Karima El Mahroug, che scappata da una comunità in Sicilia, nel 2010 frequentava la villa di Arcore (almeno per otto volte). Fede e Berlusaconi potevano non sapere di avere a che fare con una minorenne? La lettura delle carte giudiziarie aveva portato ieri mattina il Pg a sostenere il contrario della sentenza che ha assolto Berlusconi. E cioè, per lui, l’ex direttore del Tg 4 «conosceva la minore età di Ruby». Ed era stato lui a sostenere che il processo dovesse tornare a Milano, ma perché Fede, a suo parere, non aveva indotto alla prostituzione solo le maggiorenni, ma anche la minorenne. Nel suo ruolo di «“dominus” dell’organizzazione delle serate (...) Era lui a decidere – diceva il magistrato – quando una ragazza doveva uscire di scena per far spazio ad altre». Inoltre, sulla base delle «intercettazioni che dimostrano che c’erano ragazze che ad Arcore si prostituivano», diventava chiaro per il procuratore generale che «le ragazze andavano ad Arcore con il desiderio di essere scelte per il terzo “momento” delle serate, perché avrebbero guadagnato di più se fossero state scelte per entrare nella stanza con Silvio Berlusconi (…) ed erano disponibili all’intera gamma delle prestazioni che andava dalla partecipazione alla cena, agli spettacolini nella sala del bunga bunga fino all’ulteriore “coda”». E ad aiutarle, occupandosi degli affitti gratis e dell’organizzazione delle serate, c’era anche Nicole Minetti. Per le difese, però, la visione era diversa. A cominciare dal fatto che ad Arcore, per loro, non c’era prostituzione, ma una corsa volontaria, e non coartata, delle ragazze a farsi ricevere da Silvio Berlusconi. Inoltre, al giornalista – dicono i suoi difensori – «non si possono negare ad un uomo di 84 anni, incensurato, le attenuanti generiche, accordate alla Minetti che aveva addirittura un ruolo istituzionale: credo che ci siano tutti gli elementi per annullare la condanna». La difesa Minetti ha chiesto di nuovo la nullità della sentenza. Poco prima delle 18, la terza sezione penale, presieduta da Claudia Squassoni, si era ritirata per decidere. Dal processo è “scomparso” Lele Mora, che ha accettato la condanna d’appello. Quanto a Ruby, il suo ruolo torna centrale nell’inchiesta Ruby-ter, sui pagamenti fatti da Berlusconi alle possibili testimoni dei processi.