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 2015  settembre 23 Mercoledì calendario

Trattativa in corso tra il governo italiano e la Commissione europea per ottenere maggiore flessibilità rispetto al bilancio: oltre allo 0,4% già ottenuto a maggio l’Italia chiede un ulteriore 0,2% per le spese sostenute a causa dell’emergenza migranti. La risposta di Bruxelles dipenderà anche dall’effettiva attuazione della spending review annunciata dal governo. E certo all’eventuale taglio delle tasse da 5 miliardi dovranno corrispondere altrettanti tagli

Nei giorni scorsi la trattativa con Bruxelles sulla flessibilità, che stando a quanto prevede il Governo dovrebbe attestarsi nel totale a 17,9 miliardi (compreso lo 0,4% già ottenuto), è stata condotta attraverso gli usuali contatti informali. Ora, nell’approssimarsi della metà di ottobre, data entro cui la legge di stabilità andrà presentata in Parlamento e alla Commissione europea, si comincia a entrare nel vivo. Prima la colazione di lavoro di venerdì scorso del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, con il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici. Ieri l’incontro a Bruxelles con il vice presidente della Commissione con delega sull’euro, Valdis Dombrovskis. Obiettivo, ottenere il via libera all’intero pacchetto, compresi dunque i 3,3 miliardi che il Governo conta di ottenere per quella che si potrebbe definire la “clausola migranti”. Sul tema specifico, come del resto ha ricordato ieri lo stesso Moscovici, i servizi della Commissione stanno studiando come applicare la flessibilità alle spese degli Stati per fronteggiare l’ondata migratoria. Si tratta di verificare se tale fenomeno possa o meno essere assimilato a una «circostanza eccezionale», per il quale scatterebbe l’apposita clausola di flessibilità prevista dal Patto di stabilità e dalla comunicazione della Commissione dello scorso 13 gennaio. Con un’avvertenza: non potrà trattarsi di un «incentivo al lassismo di bilancio». Invito rivolto nella consapevolezza che sarà tutt’altro che semplice individuare criteri validi per tutti, in base ai quali decidere se e in quale misura i costi sostenuti abbiano effetti tangibili sui conti pubblici.
Per ora l’atteggiamento di Bruxelles è ispirato a una certa prudenza. Una volta ricevuto il testo della legge di stabilità, il giudizio della Commissione si soffermerà tra le fine di ottobre e i primi di novembre prima di tutto sui nuovi target di bilancio. Non è del tutto scontato che passi la richiesta di fruire di un altro 0,1% grazie alla clausola sulle riforme. Operazione che andando ad aggiungersi allo 0,4% già concesso in maggio, porterebbe ad azzerare il taglio del deficit strutturale nel 2016 (dovrebbe essere dello 0,5%). Si tratta ora di verificare se le reiterate rassicurazioni, da parte dello stesso Padoan ma anche del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a ridurre comunque il debito dal 2016 saranno ritenute o meno sufficienti. La richiesta di nuova flessibilità, comprensiva dello 0,3% da spuntare sul versante degli investimenti, è dunque corposa. Per questo l’istruttoria si annuncia complessa. Potrebbe virare nella direzione auspicata dal Governo, qualora i risparmi affidati alla spending review fossero conseguiti per intero. Dei 10 miliardi annunciati nel Def di aprile non c’è però traccia nella Nota di aggiornamento approvata venerdì scorso dal Consiglio dei ministri. E questo rischia di essere uno dei punti deboli dell’intera strategia di politica economica che il Governo si accinge a presentare a Bruxelles. Si potrà provare a finanziare in deficit il mancato aumento dell’Iva (la clausola di salvaguardia da 16,2 miliardi pronta a scattare dal prossimo anno), e non a caso nella Nota di aggiornamento il nuovo target passa di fatto al 2,4%, contro l’1,8% della precedente stima (compreso lo sconto per l’emergenza migranti), ma di certo il taglio delle tasse da 5 miliardi in programma dovrà trovare copertura in misure strutturali, dunque attraverso un pari intervento sulla spesa corrente. È uno dei punti fermi sui quali la Commissione, pur orientata a un approccio più politico rispetto al precedente esecutivo, difficilmente potrà deflettere: meno tasse sì ma compensate da tagli. Poi il focus si sposterà sulle nuove stime relative alla crescita: l’1,6% indicato dal Governo è in controtendenza rispetto ai dati Ocse (e della Bce). Pesano le incertezze sull’andamento dell’economia globale. Anche in questo caso, la scommessa sarà convincere Bruxelles che quel target sarà raggiunto grazie alla manovra “espansiva” in cantiere e alle riforme già avviate.