Il Messaggero, 23 settembre 2015
Umberto Bossi condannato a 18 mesi per vilipendio a Napolitano. Nel dicembre 2011, durante un comizio, il vecchio capo leghista facendo il gesto delle corna diede all’allora Capo dello Stato del «terùn». Ma al Senatur, più che la sentenza, fa male il silenzio del suo partito, la Lega Nord: da Matteo Salvini una telefonata né un tweet di solidarietà
Più che la condanna (diciotto mesi di reclusione per vilipendio al Capo dello Stato) a Umberto Bossi fa male il silenzio del suo partito, la Lega Nord. Matteo Salvini infatti non l’ha chiamato, e neanche è uscito almeno un tweet di solidarietà.
Lo steso Maroni e buona parte delle «sue creature» sono rimasti in silenzio, come se nulla fosse accaduto. E se si esclude una dichiarazione di Paolo Grimoldi – commissario della Lega Lombarda – il solo che ha avuto la cortesia di dire qualche parola in suo appoggio è stato Fabrizio Cicchitto, che in fondo leghista non è.
LA SENTENZA
La condanna è arrivata dal Tribunale di Bergamo perché dalle parti di Bergamo – ad Albino per la precisione – nel dicembre del 2011 il vecchio capo leghista si esibì in un comizio dei suoi durante una festa del Carroccio. Il governo Berlusconi era caduto da poco e, sotto la regia del presidente Giorgio Napolitano, era iniziata la stagione del governo tecnico di Mario Monti.
La Lega all’epoca era fuori dalla maggioranza, e Bossi – che all’epoca era ancora l’indiscusso segretario dei padani – in quel periodo aveva scelto di alzare i toni dello scontro politico con affermazioni decisamente forti.
IL VAFFA A MONTI
Proprio Napolitano e Monti, in quei giorni, finirono nel suo mirino. Facendo il gesto delle corna diede all’allora Capo dello Stato del «terùn», e passò al capo del governo dedicandogli un sonoro «vaffa». Il comizio inizialmente passò in sordina, ma qualcuno ne mise su internet i «passaggi salienti» e dopo qualche giorno i tribunali di mezza Italia furono invasi da denunce di «semplici cittadini» che chiesero di incriminare Bossi.
La Procura di Bergamo, respingendo la tesi degli avvocati secondo cui il senatùr non era imputabile poiché le sue parole rientravano nella funzione di parlamentare, avevano chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio. Il processo era iniziato in primavera e ieri si è concluso con la condanna di primo grado: 18 mesi per le offese all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica con l’aggravante della «discriminazione razziale». Il Tribunale ha accolto in toto le richieste fatte dal pubblico ministero Dettori.
ISOLATO DALLA LEGA
Umberto Bossi ha saputo della sentenza di condanna mentre era in aula, a Montecitorio, e la notizia non l’ha turbato più di tanto. Era rimasto assai più amareggiato la settimana scorsa venendo a sapere i leghisti non avevano levato neanche un dito quando le due Camere del Parlamento avevano deciso di costituirsi parte civile nel processo – che deve ancora iniziare – per lo scandalo dei fondi distratti dalla Lega nel periodo in cui il tesoriere era Belsito.