23 settembre 2015
Il governo tedesco sapeva del dieselgate • In due giorni la Volkswagen ha perso alla Borsa di Francoforte circa 24 miliardi di capitalizzazione • L’Ue impone le quote sui migranti • Papa Francesco ai giornalisti sul volo da Cuba a Washington: «Non sono un comunista se volete vi recito il Credo» • A Milano debutta il robot-dottore • L’africano ucciso da un agricoltore di Foggia perché aveva rubato qualche melone
Dieselgate 1 Il governo tedesco sapeva del dieselgate, la manipolazione dei controlli dei gas di scarico della Volkswagen negli Usa (vedi Fior da fiore di ieri). Lo testimonierebbe, secondo Die Welt, la risposta del ministro dei Trasporti tedesco a una interrogazione dei Verdi del 28 luglio scorso in cui il governo sostenne come fosse «in corso il lavoro sull’ulteriore sviluppo del quadro normativo comunitario», con l’obiettivo di ridurre «le reali emissioni» dei veicoli.
Dieselgate 2 Partito dagli Usa, lo scandalo ha presto assunto una rilevanza mondiale: in giro per il globo, infatti, sarebbero 11 milioni le auto con a bordo il software per aggirare gli standard sull’inquinamento. Per questo l’amministratore delegato di Volkswagen, Martin Winterkorn, intenzionato a non rinunciare al suo posto, sarebbe in realtà a forte rischio. Nonostante le scuse ai consumatori e la difesa dei lavoratori: «Sarebbe sbagliato — ha sottolineato — se il terribile errore di pochi compromettesse il lavoro onesto di 600 mila persone». Il numero uno di Volkswagen America, Michael Horn, ha invece ammesso di aver fatto «un casino», impegnandosi, però, a «raddrizzare le cose con il governo, l’opinione pubblica, i clienti, i nostri addetti e soprattutto i nostri concessionari».
Dieselgate 3 In due giorni la Volkswagen ha perso alla Borsa di Francoforte circa 24 miliardi di capitalizzazione (-19% per le azioni dopo il -18% di lunedì), un terzo rispetto ai circa 76 miliardi di venerdì scorso.
Dieselgate 4 Dal 2009, anno in cui secondo l’accusa Volkswagen iniziò a manipolare i suoi test, sono stati venduti in Europa oltre 40 milioni di auto diesel, un sesto di tutte le auto attualmente in circolazione. L’Italia è uno dei mercati principali, con un parco circolante che arriva a ben un milione e mezzo di vetture diesel della sola Volkswagen. però bisogna fare delle distinzioni e soprattutto capire se il rischio di manipolazioni “stile Usa” è stato possibile anche dalle nostre parti. Come prima cosa bisogna escludere dalle auto “sospette” le Euro 6 che al momento non sono molte in Italia (poco più di 102 mila contro i 3 milioni e 700 mila Euro 5) ma che comunque rappresenterebbero al momento una delle poche certezze: non sono taroccate. La Volkswagen Italia non fornisce molti dettagli sul numero dei modelli potenzialmente coinvolti limitandosi a riferire quanto già ribadito dalla casa madre: ovvero che la questione riguarda i diesel equipaggiati con propulsore “ea 189” che in tutto il mondo sarebbero circa 11 milioni. E che comunque resta in attesa di sapere il numero dei veicoli potenzialmente coinvolti per poi procedere ad immediati richiami. (Berruti, Rep). [Sull’argomento leggi anche Il Fatto del Giorno]
Migranti Con un voto a larga maggioranza, che non ha precedenti nella storia europea, la Ue ha deciso di accogliere la proposta della Commissione per la redistribuzione obbligatoria di 120 mila rifugiati tra i suoi 28 stati membri. Quattro paesi hanno votato contro: Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania. La Finlandia si è astenuta. Ma la decisione presa ieri sarà vincolante anche per loro, che dovranno sottomettere la loro sovranità statuale a quella dell’Unione. E’ la prima volta che Bruxelles impone la propria volontà collettiva a governi dissidenti in una materia che tocca così direttamente l’essenza stessa della potestà di uno stato sovrano. Finora le uniche decisioni a maggioranza erano state prese su questioni che riguardavano la regolamentazione europea. Naturalmente gli sconfitti l’hanno presa molto male. «Fino a che sarò primo ministro, le quote obbligatorie non saranno applicate sul territorio slovacco », ha dichiarato bellicosamente il pemier di Bratislava, Robert Fico. «Si accorgeranno presto che il re è nudo», ha commentato il ministro ceco, alludendo anche lui al fatto che in effetti l’Unione non dispone di strumenti per forzare i Paesi che non vogliono ad accogliere i richiedenti asilo. Chi si rifiutasse di rispettare l’ordine di Bruxelles potrà essere portato di fronte alla Corte di Giustizia europea, che in casi del genere commina multe molto salate per ogni giorno di non ottemperanze delle decisioni comunitarie. E, alla fine, l’unica scelta possibile è piegarsi a rispettare le regole o decidere di uscire dall’Unione. Per cercare di addolcire la pillola e di sfaldare il fronte dei dissidenti, ieri il testo della decisione è stato parzialmente attenuato. Non si parla più di quote obbligatorie, ma di «accettazione volontaria» di contingenti di rifugiati, la cui entità è però quella quantificata dalle quote proposte dalla Commissione. Il lasso di tempo per l’applicazione della decisione è di due anni. Nel corso del primo anno un Paese potrà, invocando circostanze eccezionali, prendere il trenta per cento in meno dei rifugiati che gli sono stati assegnati, ma nell’anno successivo dovrà comunque accogliere l’intero contingente.
Francesco Papa Francesco incontrando i giornalisti sul volo da Santiago de Cuba a Washington ha risposto alle accuse – nate dalle sue denunce sull’iniquità del sistema economico mondiale - di essere «comunista» o persino un «antipapa»: « Un amico cardinale mi ha raccontato che è andata da lui una signora, molto preoccupata, molto cattolica, un po’ rigida ma buona. E gli ha chiesto se era vero che nella Bibbia si parlava di un Anticristo. Poi ha chiesto se si parlava di un antipapa. E quando lui ha chiesto il perché di questa domanda, lei ha risposto: “Sono sicura che Francesco sia un antipapa perché non usa le scarpe rosse”. Per quanto riguarda l’essere comunista: sono certo di non aver detto nulla di più rispetto a quanto insegna la Dottrina sociale della Chiesa. Sono io a seguire la Chiesa, e su questo credo di non sbagliare. Forse qualcosa ha dato un’impressione un po’ più “sinistrina”, ma sarebbe un errore di interpretazione. E se è necessario che io reciti il Credo, sono disposto a farlo...».
Rp-Vita 1 Arrivato in Italia da Santa Barbara, California, Rp-Vita, che sta per «Remote Presence Virtual», il medico-robot con un monitor installato sopra le spalle a mo’ di testa che parla, visita, fa esami: lo specialista in carne e ossa è collegato a distanza. Ieri il debutto al Policlinico San Donato, un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico alle porte di Milano specializzato in malattie cardiovascolari. Il medico è lontano, le indicazioni sul da farsi arrivano tramite la tastiera dell’iPad: «Vai alla stanza 251». Il robot si mette in moto e avanza lungo il corridoio dell’ospedale fino a raggiungere la camera del paziente con un problema di aritmia al cuore. «Buongiorno come sta oggi?», chiede il dottore. «Potrei stare meglio», risponde l’anziano che sta per essere sottoposto a una serie di esami medici eseguiti con l’aiuto del robot. Il medico vuole capire se il paziente ha le pupille dilatate, parametro fondamentale nei postumi di ictus, così attiva la telecamera del robot che, grazie a uno zoom ottico, permette di analizzarle anche a centinaia di chilometri di distanza. L’elettrocardiogramma appena eseguito viene inquadrato e ingrandito per essere commentato in diretta. E, dopo che un infermiere ha attaccato al robot l’uscita video di un ecografo e di una sonda per l’endoscopia, il dottore può teleguidare i due esami. Dal corpo metallico di Rp-Vita esce poi, come un braccio, uno stetoscopio che consente di auscultare il cuore e i polmoni. I microfoni permettono la comunicazione anche tra più medici, ognuno in un posto diverso, per un consulto multidisciplinare. (Ravizza, Cds)
Rp-Vita 2 Negli Usa ce ne sono al lavoro già milleduecento (la Food and Drug Administration ha autorizzato il loro ingresso in corsia nel 2013). (ibidem)
Rp-Vita 3 Il robot, alto un metro e 70, costa tra i 100 e i 180 mila euro l’anno (a noleggio). (ibidem)
Delitto Mamoudou Sare, 37 anni. Originario del Burkina Faso, l’altra sera, percorrendo su una Fiat Uno bianca, con l’amico Adam Kadago e un altro connazionale, la statale 17 del Tavoliere, vide ai bordi della strada, a portata di mano, della frutta matura nei campi dell’azienda agricola Piacente, quasi a metà strada tra Foggia e Lucera. I tre fermarono l’auto, diedero un’occhiata in giro per accertarsi che non vi fosse nessuno, e presero qualche grappolo d’uva, un paio di chili di pomodori, un ciuffo d’insalata, qualche melone. Ferdinando Piacente e suo figlio Raffaele, 65 e 27 anni, il papà armato di fucile, piombarono lì, ne nacque un litigio, spintoni e mani in faccia, un po’ di sangue dal naso di Raffaele, e papà Ferdinando sparò un colpo in aria, che spaventò i tre inducendoli a scappare. A quel punto i Piacente montarono sul loro Suv, inseguirono la Uno, quello che aveva il fucile sparò: mirò a una ruota e la colpì. L’auto degli africani dovette fermarsi, I tre scesero e, non si sa perché, dal fucile di Ferdinando Piacente partirono altri tre colpi. Due, uno alla spalla e uno a un braccio, ammazzarono Mamoudou Sare. L’altro ferì gravemente Adam Kadago, ricoverato in prognosi riservata all’ospedale di Foggia. Il terzo ragazzo scappò per i campi, strisciando, e chiamò i soccorsi. I Piacente, arrestati con le accuse di omicidio volontario e tentato omicidio. Sera di lunedì 21 settembre tra Foggia e Lucera (Vulpio, Cds).
(a cura di Roberta Mercuri)