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 2015  settembre 22 Martedì calendario

La sfida di Vettel: grazie a lui, dopo Singapore per la Ferrari si sono riaperti i giochi anche per il campionato dei piloti. Breve ritratto del campione della porta accanto, tra entusiasmo, disciplina e semplicità. Nel segno di Schumacher

Sebastian Vettel vuole giocarsela fino in fondo questa «piccola occasione» di rimontare e sul suo taccuino nero adesso annota complicate tabelle. Mancano sei Gran premi, i punti da recuperare su Hamilton sono 49, se andasse sempre come a Singapore non sarebbe un problema, ma è già un prodigio che questi calcoli abbiano un senso. La Ferrari contava di raggiungere la Mercedes nel finale di stagione come prestazioni, non come punteggio, mentre ora guarda a domenica prossima, Gp del Giappone, come a un appuntamento decisivo. È stato il suo pilota ad accelerare i tempi. Questione di metodo: dove lo metti, Vettel vince in poche mosse.
Aria nuova
La sua prima regola è l’entusiasmo. Fabiana Valenti, storica addetta stampa della Toro Rosso, lo ricorda così: «Era un ragazzino di 19 anni educato e sorridente. Quando arrivava al mattino salutava tutti, quando se ne andava faceva lo stesso. È uno che costruisce lo spirito di squadra, sono sicura che ci sia riuscito anche in Ferrari». Il suo arrivo a Maranello è servito innanzitutto a cambiare aria. I più anziani hanno rivisto in lui uno Schumacher 2.0, altrettanto leale e protettivo ma più socievole. L’unico anno storto della sua carriera è stato il 2014. «Le monoposto avevano perso aderenza a causa del nuovo regolamento e lui aveva perso fiducia nella macchina – racconta Christian Horner, capo della Red Bull -. Ricciardo si è adattato meglio». Malgrado le sconfitte, e pure le umiliazioni quando gli chiedevano di lasciar passare il compagno, mai una parola contro il team.
Maniaco dei dettagli
La seconda regola è la disciplina abbinata al lavoro. Il rapporto con il suo ingegnere Riccardo Adami è strettissimo, l’intesa perfetta. Vettel vuole conoscere nei dettagli il funzionamento di Eva, la monoposto cui ha dato il nome della prima donna. Si trattiene ai box, chiacchiera con i meccanici, vive di pistoni e benzina. Ai test invernali in Spagna si è presentato con questo misterioso taccuino nero su cui ha annotato prestazioni e sensazioni di ogni assetto o pezzo che provava. Al via del campionato in Australia era preparato come un secchione al compito in classe, e al secondo Gran premio ha vinto, mentre Kimi Raikkonen ancora faticava a orientarsi.
Sulla scia di Schumacher
E arriviamo al terzo punto: la semplicità. Se uno scorre la biografia extrasportiva di Vettel pensa al vicino di casa, se invece legge quella di Lewis Hamilton, che fa lo stesso mestiere, pensa a un rapper. Sebastian ascolta i Beatles, Lewis va in barca con Rihanna. Uno si concede un filo di barba come massimo della trasgressione, l’altro sfoggia tatuaggi, colorazioni dei capelli e catenoni d’oro, uno è appassionato di bricolage, l’altro bazzica Hollywood. Vettel si ispira a Michael Schumacher, il primo che aveva capito suo talento, Hamilton si crede Senna. Nella loro diversità, i due hanno raggiunto entrambi grandi risultati. Ma Vettel è il più precoce: nessuno a 28 anni aveva vinto 42 gare e conquistato 46 pole position. E quando gli chiedono se ha i numeri di Schumi nel mirino quasi quasi si commuove: «Se vincessi quanto lui, sarei il pilota più fortunato del mondo».