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 2015  settembre 22 Martedì calendario

Elogio del riassunto: secondo il linguista Ugo Cardinale riassumere è un’arte dimenticata, che le scuole dovrebbero riscoprire. E non è affatto facile come sembra: persino Alberto Arbasino non ne sarebbe capace, secondo Italo Calvino...

Chi pensa che sia facile, sbaglia. Molti abbandonano il riassunto sui banchi di scuola elementare, e non sanno più quanta fatica costi una sintesi efficace. Altro che Twitter! Ugo Cardinale, linguista e docente universitario, con L’arte di riassumere. Introduzione alla scrittura breve, fresco di stampa per il Mulino, offre a studenti e insegnanti un ottimo cantiere per imparare a usare, più che le forbici, la memoria. «I dati Ocse sull’Italia – spiega – ci penalizzano sul rapporto tra lettura e comprensione. Solo il 3,3% degli adulti italiani raggiunge livelli di competenza linguistica 4 o 5, i più alti, contro l’11,8% nella media dei 24 Paesi partecipanti. Un buon riassunto è una prova quasi matematica che un testo sia stato compreso. I documenti e le citazioni che vengono fornite agli studenti per il compito d’italiano all’esame di maturità, come materiali di ispirazione per scrivere un saggio breve o un articolo di giornale, rischiano di istigare alla genericità. Ma il problema è soprattutto un altro: siamo sicuri che siano letti e davvero compresi?».
Riassumere, lei sostiene, implica un lavoro cognitivo molto complesso. Quali abilità occorrono?  
«In un lavoro di sintesi vengono messe in gioco la memoria episodica e la nostra capacità di trarre da un testo le macrostrutture semantiche, ovvero le informazioni più importanti. Non si tratta di un processo immediato o naturale: richiede una sorta di “ricostruzione” mentale di quanto abbiamo letto».  
È possibile riassumere qualunque tipologia di testo? 
«A un riassunto si prestano ovviamente di più i testi strutturati secondo regole precise, o mediamente vincolati, quindi quelli a carattere argomentativo. Si fa molta più fatica con un testo puramente descrittivo. È possibile sicuramente riassumere testi narrativi, compresi quelli in prima persona: occorre però capire se contrarre il testo così com’è o ridurre il contenuto in terza persona. L’importante è seguire il precetto di Calvino, secondo cui occorre innanzitutto restare fedeli alle espressioni e ai pensieri che sono nel testo. Nel 1982 Umberto Eco lanciò una sfida invitando alcuni suoi colleghi scrittori a comporre brevi riassunti di grandi opere della letteratura. Lui scelse l’Ulisse, Garboli I miserabili, Moravia Delitto e castigo, Arbasino Madame Bovary, tutti concordarono sulla difficoltà dell’impresa. Proprio Calvino, la settimana dopo, intervenne per commentare il risultato. Ebbe da ridire sul riassunto di Arbasino, che era tutto fuorché un riassunto. E spiegò limpidamente che riassumere è scegliere quel che è indispensabile dire e quanto si può tralasciare». 
Nel suo libro lei difende l’impersonalità del riassunto. È una critica a scritture troppo soggettive? 
«Prima di entrare nel territorio della scrittura creativa, è bene addestrarsi a una scrittura più regolata. Può essere utile anche nel campo dell’invenzione per dosare meglio gli ingredienti. Chi l’ha detto che ci s’improvvisa scrittori?».
Anche una prova di riassunto orale, a scuola, potrebbe essere utile? 
«Sarebbe un’alternativa alla tradizionale interrogazione, che spesso diventa un monologo dello studente (o del professore) e gira un po’ a vuoto. In Francia, per esempio, alcune prove orali hanno un tempo definito».  
Sembra facile, ma non lo è. 
«Oggi abbondano “testi misti”, frutto di una forte interazione tra parlato e scritto, una volta nettamente differenziati. Dobbiamo evitare che il crescente interesse per il parlato porti a una sua sopravvalutazione rispetto allo scritto. Incentivare la pratica del riassunto serve anche a mantenere il giusto equilibrio».