la Repubblica, 22 settembre 2015
«Quello era truccato come un gay, per questo l’abbiamo picchiato». Presa a Genova la gang di ragazzi che a luglio ridusse in coma il musicista. Tre in manette per tentato omicidio. Denunciate a piede libero le due adolescenti che erano con loro. Una ha confessato e permesso la cattura
La ragazzina che con la sua deposizione ha permesso di individuare tutto il branco, alla fine dell’interrogatorio con il pm si è sfogata: «Mi sono finalmente tolta questo peso». Ma uno degli arrestati, ai carabinieri che lo portavano in cella e gli spiegavano che l’accusa era di aver pestato un uomo fin quasi ad ucciderlo, ha commentato: «Quello era truccato come un gay». Una frase che non ha valore di prova ma spiega meglio di un trattato l’ignoranza e il pregiudizio che covano anche tra i giovanissimi.
E sono proprio due diciannovenni, Lorenzo Giuliani e Federico Burlando, e un diciottenne (J.N. all’epoca 17enne e per questo in carico al tribunale dei minori), ad essere stati arrestati, mentre due ragazze della stessa età sono state denunciate a piede libero, con l’accusa di tentato omicidio come presunti responsabili di un episodio che aveva scosso l’Italia quest’estate, perché associato ad una possibile motivazione omofoba. In realtà, secondo la procura che non ha contestato al momento questa aggravante, il disprezzo per l’omosessualità non sembra essere stato all’origine del pestaggio. Ma sicuramente, secondo il pm Vittorio Ranieri Miniati, insulti rivelatori dell’odio contro i gay sono stati pronunciati durante l’aggressione.
Il 14 di luglio, quasi all’alba, al capolinea di Caricamento, nella zona che sta fra il centro storico e il waterfront della zona Expò, appena saliti su un bus diretto in periferia, due quarantenni, un genovese noto gestore di locali alternativi e un suo amico inglese, furono presi a pugni, calci e cinghiate da un gruppetto di ragazzi. L’autista dell’Amt che fece finta di non vedere – e lo ha confermato la ragazza denunciata per l’episodio – è indagato per favoreggiamento. La sequenza ebbe una breve pausa, quando il branco scese dal bus, seguito dalle due vittime, e il pestaggio riprese pochi minuti dopo per strada. Il barista non presentò denuncia e per una settimana non si fece visitare. Ma il 21 luglio finì in coma all’ospedale, venne operato per un’emorragia cerebrale e oggi è in un centro di riabilitazione dove cerca di recuperare le pesanti conseguenze neurologiche. Prima che le sue condizioni si aggravassero raccontò alla compagna di essere stato apostrofato come “gay di merda”, forse perché, essendo anche un musicista, ha spesso gli occhi truccati. E di recente, in uno dei rari momenti di lucidità avrebbe detto ad un infermiere: «Guarda come mi hanno ridotto per avermi scambiato per un gay».
Il suo amico inglese, però, nelle deposizioni non ha mai parlato di risvolti omofobi ma di un’aggressione totalmente immotivata alla quale parteciparono anche le ragazze.
L’ordinanza di custodia cautelare riporta invece le dichiarazioni di una di loro, M.B., identificata con le indagini sulle celle telefoniche, che ha negato che sia lei che l’amica avessero partecipato al pestaggio e poi ha fornito i nomi degli altri del gruppo e una ricostruzione degli eventi.
Tutto sarebbe iniziato quando i due che lei definisce ubriachi – ed in effetti sia il barista che l’inglese, il primo alla compagna il secondo ai militari, confermarono di aver bevuto quella sera – si avvicinarono al bus assieme ai ragazzi. «L’inglese – ha detto la diciannovenne – fece un commento, una battuta nei confronti della mia amica che provocò la reazione di Giuliani che lo ha colpito in faccia con una testata».
Sempre secondo questa versione, una volta sceso dal bus il gruppetto venne seguito dai due uomini che urlavano degli insulti. Giuliani e Burlando tornarono indietro per colpirli di nuovo a pugni e calci.