Corriere della Sera, 21 settembre 2015
Le due guerre del Golfo secondo Sergio Romano. L’interventismo della Thatcher, il silenzio di Gorbaciov. Bush padre fu pragmatico e avveduto, il figlio sventato e incosciente
So che la Storia non si fa con i se e i ma... ma come sarebbe stato il nostro presente (Mondo occidentale e Medio Oriente) senza la Prima guerra del Golfo? Senza la caduta del Muro di Berlino, ripensandoci oggi, ci sarebbe stata, appunto, la Prima guerra del Golfo?
Marco Sostegni
marco.sostegni@libero.it
Caro Sostegni,
Tra la Guerra del Golfo e l’evoluzione del sistema sovietico, nell’ultima fase della riforma fallita di Gorbaciov, vi è una relazione.
La posizione adottata dagli Stati Uniti dopo l’invasione irachena del Kuwait fu dovuta in buona parte alle pressioni del premier britannico, Margaret Thatcher, sul presidente degli Stati Uniti. Bush il vecchio avrebbe maggiormente esitato, prima dell’intervento militare, se l’Unione Sovietica, legata a Saddam Hussein da vecchi rapporti, avesse fermamente manifestato la sua opposizione. Ma Gorbaciov era totalmente assorbito dalle vicende interne e poco incline ad assumere atteggiamenti che avrebbero peggiorato i suoi rapporti con gli Stati Uniti. Il governo sovietico mandò a Baghdad un suo emissario, Evgenij Primakov, che era stato corrispondente della Pravda in Iraq, per tentare una mediazione. Ma Saddam si era testardamente convinto che gli americani, dopo la brutta esperienza vietnamita, non si sarebbero spinti sino all’intervento. Commise un errore. Non capì che l’invasione del Kuwait aveva preoccupato i Paesi della regione e che Bush sarebbe riuscito a riunire molti Stati arabi in una grande coalizione guidata dagli Stati Uniti.
Ma Bush non volle stravincere. Accettò una richiesta d’armistizio, arrestò l’avanzata delle sue truppe e si spinse sino ad aiutare indirettamente Saddam quando il leader iracheno dovette fare fronte a una rivolta della popolazione sciita. Assistemmo così con sconcerto al singolare trattamento internazionale di un tiranno che veniva punito per l’invasione del Kuwait, ma aiutato a soffocare nel sangue la rivolta dei suoi sudditi. Eppure Bush non aveva torto. Il suo obiettivo era la liberazione del Kuwait. Se avesse occupato Bagdad e cacciato o catturato Saddam, avrebbe dato a Mosca un segnale inquietante sulle reali intenzioni degli Stati Uniti nella regione e caricato sulle proprie spalle il compito di creare un nuovo Stato iracheno, con tutti gli ostacoli e le difficoltà che sarebbe stato necessario affrontare. Costruire uno Stato è molto più difficile che vincere una guerra. Ignorare le sensibilità e le preoccupazioni di un’altra grande potenza è un pessimo investimento per il futuro. Bush il giovane, invece, ha fatto esattamente il contrario; e non abbiamo ancora smesso di pagare il conto dei suoi errori. I guai del mondo non cominciano con la prima Guerra del Golfo, ma con la seconda.